UN CERTAIN REGARD
FESTIVAL DEL FILM DI CANNES 2012
C'è una buona porzione dell'immaginario di famiglia nel primo film di Brandon Cronenberg (figlio di), cioè quella parte di ossessioni per la carne che ruotano intorno alla sua mutazione, martoriazione e contaminazione con la tecnologia e i "virus" nel senso più ampio del termine, ovvero quello di introduzione nell'organismo di qualcosa che lo altera da dentro.
La trama è di quelle che fanno la gioia dei fan della fantascienza distopica classica: in un futuro prossimo le multinazionali farmaceutiche isolano e rivendono i virus contratti dalle celebrità ai loro fan, i quali avidi li collezionano e se li iniettano. Uno dei dipendenti del colosso della viralità fa la borsa nera, ovvero si inietta i virus per portarli a casa dove ha un macchinario più artigianale per isolarli e rivenderli, dopodichè si cura dal malanno contratto. Ovviamente si inietterà anche qualcosa che non doveva iniettarsi.
A parte una critica alla buona del culto delle celebrities, che non coglie nessuno impreparato ma sa andare a far male con esagerazioni che rimangono impresse, buona parte di Antiviral consiste nella peregrinazione del protagonista fiaccato da un virus terribile che gli provoca allucinazioni da Videodrome aggiornato al 2012.
In un tripudio di sangue denso e nero che esce un po' da dovunque e aghi iniettati prima nel braccio (per inserire e prelevare campioni di sangue infetto), poi in posti in cui non li si vorrebbe veder piantati (con una certa ossessione per varie zone della bocca), Brandon Cronenberg come si conviene mette in scena la degenerazione fisica di un'aberrazione morale. La follia della società e del protagonista stessa si riversa sul suo fisico, contaminato da bolle, secrezioni e poi sangue.
Non tutto è memorabile, tuttavia l'idea dell'assunzione dentro di sè della parte peggiore delle celebrità è un'idea straordinaria messa a frutto con il gusto per il disturbo che probabilmente a casa Cronenberg si insegna come le favolette nelle dimore comuni.
Brandon Cronenberg è indubbiamente dotato di un immaginario che, sebbene derivativo, ha il grado giusto di perversione e ossessione, nonchè la capacità di trasformare concetti interessanti in immagini potenti che non ne sono la rappresentazione diretta, ma la similitudine più comprensibile. Con Max Landis e Jason Reitman completa il trio dei figli d'arte d'eccezione.
2 commenti:
attrae...
molto
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