Finalmente è finita e, una volta tanto, la chiusa ad una trama per necessità intricata e arrovellata (visto l'obbligo di utilizzare alcuni tra i più disparati suggerimenti degli utenti), non è risultata insoddisfacente. Si tratta di Lost In Google, webserie italiana tra le più note per la quale di certo l'indice di gradimento sorpassa di gran lunga i numeri delle view (comunque alti, una media di 250mila ad episodio).
Ci è voluto un anno intero per produrre e mettere online 5 puntate più un numero zero (datato giugno 2011, se ne parlò già a Novembre), un modello produttivo folle che ha dato vita ad un esperimento a suo modo unico, non tanto per l'idea dei commenti che si inseriscono nella storia, quella già da tempo è stata alla base di webserie, quanto per quella di una serie online dagli intervalli dilatati oltre ogni limite (circa un episodio ogni 2 mesi con durata crescente, dai due minuti del numero 0 fino ai 22 dell'ultima puntata) che si nutrisse più del dibattito e dell'attività tra episodio ed episodio che dei momenti in cui una nuova puntata va online. Insomma, una webserie per la quale l'attesa fosse simile a quella che esiste per le nuove stagioni delle serie televisive americane.
Con un titolo che fa riferimento diretto a quello che è stato e continua ad essere un modello per la struttura di moltissime webserie (Lost), i TheJackaL hanno operato un racconto realmente metainternettesco, non senza qualche stupideria demenziale, ma sapendo trovare anche momenti di vera astrazione metaforica.
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