La mancanza di idee Silent Hill: Revelation 3D la dichiara fin dal titolo, programmaticamente plagiato da mille altri slasher "ispirati a..." fino al padre della categoria cui questo sequel ambisce: Resident Evil.
Se dunque l'obiettivo a lungo termine è diventare un franchise longevo e solido, anche a dispetto di valori produttivi non eccezionali, quello a breve si piega più su film precedente, da cui è rubata a piene mani tutta l'estetica e la scansione narrativa.
Certo il modello rimane sempre la serie di videogiochi omonimi, ma come già capitava questa è un referente solo narrativo ed estetico mai di linguaggio. Si usano personaggi, situazioni e ambienti del videogame, mai le soluzioni visive o le idee di racconto.
Eppure il primo Silent Hill, nonostante mille problemi, aveva un'indubbia potenza visiva, e sapeva portare al cinema un'idea di inferno sulla Terra capace di scardinare e squassare, passando per idee note (gli espedienti visivi dei video più disturbanti del Marilyn Manson anni '90) e altre meno, per snodi di trama più o meno chiari ma comunque alla fine efficaci.
Questo Revelation invece rivela ben poco e annoia molto nel suo sforzo di replicare (mutandone i fattori) lo stesso svolgimento del primo film. Come i peggiori slasher movie trasforma gli incubi in serial killer, umanizza il disumano e riporta tutto a schemi narrativi consueti, come quelli Nightmare, Halloween e via dicendo.
Soprattutto non riesce mai a sfiorare quella sensibilità tutta nipponica nel trattare le immagini in modo che parlino da sè, al di là della logica o del funzionamento della trama, per creare un ambiente che comunichi più delle singole scene. L'atmosfera non è spaventosa, l'oscurità non è inquietante e questo tanto più quanto si ripete in continuazione la parola "tenebre". Il villain sono delle non ben determinate "tenebre", concetto vago che non funziona come un ombrello capace di comprendere una complessità di elementi ma più come un'etichetta semplicistica. Tenebre così..... in generale.
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