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17.12.12

Breve storia di lunghi tradimenti (2012)
di Davide Marengo

COURMAYEUR IN NOIR FEST
PUBBLICATO SU 
Nonostante esiti non particolarmente clamorosi è innegabile come Marengo persegua con forza, pervicacia e convinzione degne della miglior causa una propria idea di cinema, che attinge le mani dentro storie che oscillano tra il noir (Notturno bus) e il poliziesco fino allo spionaggio internazionale (quest'ultimo), tempestandole di momenti di commedia forti ma mai invasivo nè ruffiani.
Già regista della serie Boris, Marengo anche stavolta si porta dietro alcuni attori (Calabresi, Crescentini e un po' di Pannofino) e l'ambizione di realizzare film diversi, inconsueti ma comunque di intrattenimento per tutti.

Eppure anche questa volta è rimasto schiacciato da ambizioni smodate. Perchè il matrimonio tra due generi è molto difficile, specie se dotati di toni in contrasto gli uni con gli altri. La sdrammatizzazione della commedia e la drammatizzazione del poliziesco in cui un uomo comune si trova al centro di eventi straordinari, sono gestiti lasciando la prima alle figure di contorno (straordinari caratteristi come Franco Ravera) e un po' all'inadeguatezza del protagonista (sottolineata da un continuo abbigliamento sbagliato), e la seconda alla trama, ai twist e agli eventi principali.
Il risultato è che la parte di commedia funziona molto, è intelligente e realizzata con vera maestria (alle volte uno stacco di montaggio e una battuta rivelano oceani di senso e di ironia, come il passaggio di Prospero in 500) mentre quella (in teoria più sostanziosa) di thriller politico o spionaggio arranca e sconta una certa inadeguatezza.

Spesso ci sono buone idee realizzate in maniera frettolosa o senza crederci fino in fondo (l'inseguimento a piedi scalzi dai tetti alla metro di Torino), altre volte ce ne sono di meno appropriate (il pedinamento in macchina a Queimada con la "sorpresa" della presenza della polizia bancaria sembra uscire da Topolino e la storia di tradimenti personali del protagonista è davvero superflua) e la sensazione è che, di nuovo, sia il tono a non essere azzeccato, cioè che il film non sappia essere disperato come la trama afferma, non sappia premere l'acceleratore o rigirare il coltello nella piaga quando è il momento.
Non è un film che lascia scontenti quest'ultimo di Marengo ma di certo anche uno visto il quale rimane dell'amaro in bocca, al quale è lecito chiedere di più e che sconta, nonostante le molte idee, un generale semplicismo nel raccontare un mondo nero, sofisticato e drammaturgico.

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