Libro grande e grosso, musical grosso, film grosso. La milionesima trasposizione cinematografica di I Miserabili di Hugo questa volta è filtrata attraverso il musical teatrale omonimo per diventare non propriamente un musical cinematografico ma qualcosa che gli si avvicini in sentimentalismo e se ne allontani in epica.
Nelle mani del regista di Il discorso del re la storia di perdizione, rinascita, persecuzione e infine rivoluzione su sfondo romantico doveva trovare l'enfasi e la commozione corrette invece si perde inseguendo un'eccessiva aderenza al testo di partenza, eterogeneo e "grande" nell'accezione più larga del termine.
I Miserabili (libro e film) racconta delle peripezie di Jean Valjean, incarcerato per aver rubato un tozzo di pane che scappa, viene ripreso, evade e si crea un'altra vita ed identità in anni di caccia con il poliziotto (poi ispettore) Javert. In queste peripezie conquista importanza sempre maggiore la storia di Cosetta, figlia adottata (anzi comprata) da Valjeant che cresce e si innamora di un rivoluzionarietto.
Se la prima parte, quella della rivalità, della caccia all'uomo e della rinascita di Valjeant (che implica poi il dover continuamente fare i conti con l'uomo che si è stati) funziona molto, cioè trova nella dimensione filmica (e musicale) di Hooper un senso e un ritmo ammalianti, la seconda è molto meno godibile.
E' infatti nello scontro di individualità, nel proporre due uomini come personificazioni di opposti valori (perdono, pentimento e purificazione cristiana contro la diabolica persecuzione di chi non riconosce il pentimento) che il film si trova a suo agio, dinamica semplice nella struttura ma capace di offrire molteplici spunti di complessità.
Inoltre la scelta tipica di Hooper di inquadrare grandi totali ricostruiti ma poi in realtà lavorare vicinissimo ai volti, sulle espressioni degli attori, esalta le qualità di Hugh Jackman e Russel Crowe (per non dire dello straordinario temperamente drammatico di Anne Hathaway), affiatati come una coppia romantica nel loro odiarsi e cercarsi, ma non si adatta bene a quella parte in cui Amanda Seyfried dovrebbe reggere il gioco d'amore e rivoluzione. E nemmeno i siparietti comici di Sascha Baron Cohen e Helena Bonham Carter aiutano, anzi, spingono il film sempre di più dalle parti del musicarello sollevandolo da una gravità da musical più serio e ponderato, che visto il tema non giova.
4 commenti:
non ci fossero stati "i siparietti comici di Sascha Baron Cohen e Helena Bonham Carter" mi sarei suicidato con la testa nel pozzo dei pop-corn
no dai la prima parte regge!
Io ho trovato irritantissima la regia! Non so, tanti spunti visivi buttati via proprio così, senza un perché. La Seyfried sembra passare lì per caso, bravissima invece la Hathaway.
Dopo l'inizio da paura per me solo delusioni
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