La prima regia di Dustin Hoffman non prova molto se non che la sua prima scelta, fare l'attore, è stata quella giusta.
La storia è quella della commedia teatrale di Ronald Harwood, in cui una casa di riposo per anziani musicisti è a rischio chiusura e per continuare a stare tutti insieme (che significa anche poter suonare e cantare come una volta) bisogna mettere in piedi uno spettacolo di livello alto. L'idea è ripetere un famoso quartetto che canti un brano di Rigoletto, solo che due interpreti su quattro non si parlano da anni per motivi sentimentali.
In situazioni normali si tratterebbe di un film dell'eterno filone "non è mai troppo tardi per amare" che può vantare anche la presenza di Maggie Smith, caratterista del momento (lodata e premiata a ripetizione per Downtown Abbey), tuttavia la regia di Dustin Hoffman ce la mette tutta per evitare che il film di decolli.
Privo di ritmo, privo dei tempi corretti per il funzionamento delle gag comiche, privo di quegli slanci sentimentali che sono indispensabili per rendere plausibile e coinvolgente una storia d'amore nella terza età e privo di qualsiasi senso dello svolgimento drammaturgico, il film naufraga nei primi minuti e il resto è il triste spettacolo dell'affondamento.
Se il film è bruttino e inutile di suo, è a livello metacinematografico l'idea che Dustin Hoffman scelga per il proprio esordio alla regia un film simile che appare sconfortante. Senza audacia, senza mordente, senza grinta e senza volontà. A che serve esordire con un film privo di tutto nel quale non c'è nulla di proprio?
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