Esiste un preciso filone cinematografico che è quello del superamento delle diversità, uno che affronta le diseguaglianze o le questioni problematiche dell'attualità e le racconta affermandone la tragicità ma negandone gli assunti di base. Un paese diviso i cui cittadini in realtà non sono poi così divisi, una guerra religiosa in cui in realtà le persone credono nelle stesse cose, un paese preda del razzismo in cui questo in realtà viene superato dall'amore ecc. ecc. In questo filone semiserio si inserisce (con molta serietà) Il figlio dell'altra, dramma dalla struttura che pare presa da una commedia.
A Gerusalemme una famiglia ebrea e una palestinese scoprono che circa 18 anni fa, proprio durante la guerra, i loro figli sono stati scambiati per errore all'ospedale. Dunque il figlio di una famiglia palestinese è cresciuto in una famiglia israeliana e il figlio di una famiglia israeliana è cresciuto in una palestinese (anche se poi i suddetti figli somaticamente somigliano molto più alle famiglie in cui sono cresciuti che a quelle reali). Genitori e figli si incontrano, non si piacciono ma tra i figli e le madri biologiche si sviluppa un rapporto, come anche tra i due ragazzi, vittime dello scambio mentre altre frange della famiglia faranno più difficoltà a superare le diffidenze.
Il tono è molto lontano dalla commedia nonostante la struttura che sfrutta paradossi ed equivoci, tuttavia l'obiettivo rimane il medesimo di una commedia: dimostrare l'inconsistenza del conflitto attraverso l'esposizione di una sostanziale identità umana.
Il film di Lorraine Levy soffermandosi sul dramma interiore, personale e familiare, accantona quello sociale e politico, lasciandolo sullo sfondo a lavorare come un tappeto musicale sulla storia principale. L'effetto collaterale è tuttavia quello della favola, del racconto slegato da tutto che espone le proprie coincidenze audaci senza fornire un pretesto narrativo per "voler credere" nella storia, al di là di un sentimentalismo alla buona.
Esile come una foglia Il figlio dell'altra non riesce così nè a raccontare con onestà un'umanità privata di colpo dei punti di riferimento familiari (come poteva fare La donna che canta di Villeneuve) nè a dire qualcosa sul contesto in cui ambienta la propria storia.
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