Affidato a Jeff Wadlow il meccanismo di Kick-Ass si adegua alle peggiori pieghe da sequel, leva significato a tutto quello che lo aveva nel precedente e sembra confondere il meccanismo (fare un film con una storia che somigli a quelle di supereroi) con il senso (raccontare qualcosa sull'ossessione per i supereroi senza fare sconti e criticando più che lodando). Il primo c'è, il secondo no e lo si capisce subito quando il film si apre con il test di un giubbotto antiproiettile: una ragazza spara ad un ragazzo per vedere se funzioni ma la scena non ha un briciolo della tensione e della forza dell'equivalente momento del primo film in cui un genitore fa la medesima cosa con la figlia preadolescente!
Per trovare una strada nuova e autonoma il secondo film di Kick-Ass sposta leggermente la propria attenzione su Hit Girl, dà a Red Mist un nuovo nome, un nuovo costume che sembra un riferimento a Zebraman e un vero e proprio statuto da villain (esplicitato anche a parole) e trasforma il protagonista in una sagoma utile unicamente a mandare avanti la storia.
Se il personaggio di Chloe Moretz diventa il cuore emotivo e il reale motore di ogni senso residuo (la sua mancata integrazione è forse l'unico spiraglio di divertimento, anche se abbastanza banale, del film) Kick-Ass 2 immediatamente si trasforma nella storia di una vera eroina che non vuole o non può essere tale. Invece che guardare con dissenso e ironico disprezzo alla maniera in cui la violenza penetra nelle vite di due adolescenti che fanno rispettare la legge solo per guadagnare uno status e non per etica personale, il secondo film dal fumetto di Millar e Romita Jr. ne mette in scena la purificazione e in un certo senso il percorso attraverso il quale guadagnano dignità.
Per questo di tutto il film l'unico personaggio a mantenere vivo lo spirito originale sembra essere il Colonel Stars and Stripes di Jim Carrey. E' curioso dirlo dopo le polemiche che ci sono state e il fatto che l'attore si sia dissociato dal prodotto finale per l'eccessiva violenza, ma il suo born again violentissimo e ordinato, bigotto e patriota, maniacale e stranamente affascinante è un antieroe nel vero senso della parola, interpretato con una sottile bravura e un impegno che non si trovano di frequente in simili produzioni. Il pubblico è costretto ad empatizzare con questo personaggio in virtù dei suoi tratti epici e delle sue capacità risolutive nonostante ne rimarchi di continuo la morale aberrante.
Colonel Stars and Stripes è insomma l'unico carattere di tutto il film (assieme ai genitori che hanno perso il figlio) che mandi avanti quell'idea di eroi mascherati (ma sarebbe meglio dire "vigilanti") come persone pessime, disperati senza altra via d'uscita se non una generica violenza.
3 commenti:
Quello che non viene compreso, e l'errore è frequente, è che la nuova generazione di eroi ritratta nei fumetti, nei film e in generale nella cultura popolare non descrive la caduta dell'eroismo ma, piuttosto, il crollo della figura classica dell'eroe. Gli eroi classici sono degli dei che non possono sbagliare, con una morale ferrea e un'esistenza appiattita, incorporata nel ruolo che hanno in un mondo violento, che cercano di fare diventare migliore trasformandolo a loro immagine e somiglianza. Il nuovo fenomeno invece rilegge e modifica sia il ruolo del cattivo che quello dell'eroe: il cattivo non è più la figura malvagia per eccellenza, non ha più un profilo netto in quanto non si oppone più a un prototipo di assoluta moralità. L'eroe è un essere umano che tenta di migliorare il mondo portando nel mondo la sua personalità, cercando di migliorarlo con i propri mezzi umani. Per questo piuttosto che "salvare il mondo" lo rende partecipe della sua distopia. Esiste però ancora un confine tra l'anti-eroe e il cattivo e sta nel fatto che il primo agisce per causare il male il secondo invece agisce male per il bene. Detto ciò secondo me è perfettamente normale vedere che un gruppo di ragazzi vorrebbe diventare un eroe ma si scontra, come in questo film, con la propria crescita, con i propri dubbi, con il tentativo di viversi l'adolescenza. In questo film non solo è rimasta invariata la tematica del giovane che vuole diventare eroe per apparire e quella dell'anti-eroe che finisce per fare più danni che altro ma questa base di partenza viene arricchita da una maggiore attenzione rivolta ai dubbi legati alla necessità degli eroi e, soprattutto, la necessità di rinunciare alla propria adolescenza per perseguire un'ideale di giustizia. Quest'ultimo e interessante tema era stato solo accennato nel primo film: nelle ultime scene si nota come il protagonista rinunci ad indossare la maschera per viversi pienamente l'esperienza amorosa con la sua ragazza (è sottinteso che inizialmente il giovane ha deciso di diventare un eroe per apparire figo agli occhi del gentil sesso quindi, una volta che ha ottenuto ciò che voleva, lascia il mestiere di eroe).
Invece che guardare con dissenso e ironico disprezzo alla maniera in cui la violenza penetra nelle vite di due adolescenti che fanno rispettare la legge solo per guadagnare uno status e non per etica personale, il secondo film dal fumetto di Millar e Romita Jr. ne mette in scena la purificazione e in un certo senso il percorso attraverso il quale guadagnano dignità."
Cito questo passo perché mi sembra possa essere preso ad esempio per spiegare dove risiede l'errore di valutazione: la nuova generazione di eroi è stata creata con l'intento di far emergere un lato grottesco, violento, amorale e umano completamente assente nella tradizione classica quindi sarebbe un controsenso "guardare con dissenso e ironico disprezzo alla maniera in cui la violenza penetra nelle vite di due adolescenti" quando invece la violenza è il loro tratto distintivo, quello che deve emergere. Si assisterebbe ad una purificazione qualora venisse posto sulla testa dei protagonisti un giudizio morale.
il voler portare alla ribalta la violenza degli eroi dei fumetti e anche un altro lato dei loro nemici era già evidente (in fieri) nella rivoluzione marvel e in quello che ha fatto Watchmen a fine anni '90 e poi tutto il fumetto americano mainstream nella seconda metà degli anni '90 quando i cattivi potevano essere dei protagonisti, facevano anche pena e i buoni non parevano tanto buoni.
Il cinema sta percorrendo con una fretta incredibile la medesima parabola dei fumetti e già da tempo rappresenta eroi che non sono proprio il massimo (fumetto o meno che sia).
Kick-Ass contrariamente a quel che dici tu lo faceva ma solo nel primo e il rifiuto della maschera di questo secondo è una copertura, perchè poi essa ritorna (e rinforzata) nel finale.
Il punto però che a fronte di tutto questo (l'evoluzione della figura dell'eroe) sta il fatto che il film è molto peggio di quel che poteva essere. Che il suo racconto e anche i suoi punti di forza non sa renderli sullo schermo.
Quello che a me sembra è che ci siano film che trattano in varie maniere gli eroi da fumetto (e non necessariamente dei fumetti) quelli più mainstream, quelli più complessi, quelli piccoli e quelli incazzati, quelli che paiono non essere daccordo con tutto ciò. Era così Super di Gunn ed il primo Kick-Ass che quasi didascalicamente mostrava come la passione e l'aspirazione all'eroismo da fumetto si traduca nella realtà in un giustizialismo violento.
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