Forse quel "aspirante" nel titolo è un segno di sudditanza verso l'originale, forse solo una coincidenza, di certo l'idea di rifare Il vedovo di Dino Risi (con Franca Valeri e Alberto Sordi) è quantomeno audace per un pubblico e un sistema cinematografico come il nostro, in cui i mostri sacri sono ben più sacri e intoccabili che altrove. L'idea pare infatti in linea con quanto capita all'estero (remake di titoli molto noti e amati del passato), un espediente semplice per monetizzare con poco sforzo, solo che in Italia il rischio dell'insulto è facile, specie se, come in questo caso, il film in sè è insulso, a prescindere da qualsiasi ingiusto paragone.
Aspirante vedovo è una commedia che fa poco ridere (per scelta), basata nelle sue dinamiche comiche su Fabio De Luigi e il suo modo di porsi, molto più che su Luciana Littizzetto (che pure sarebbe di certo più abile) e alla fine, titolo e spunto a parte, appare più ricalcata su La peggior settimana della mia vita e il suo seguito Il peggior Natale della mia vita, che sul film di Risi.
Benchè da Sordi&Valeri siano ripresi i caratteri, le interazioni, le dinamiche di forza e l'idea di un marito sfigato che vede nell'omicidio della moglie di successo un modo per farsi strada, è tutto il meccanismo che porta avanti le scene (l'inettitudine comica di De Luigi a confronto con un mondo a lui ostile che invece è proprio della moglie) ad essere preso dalle commedie citate, e con esiti anche inferiori perchè contaminati da più pretenziosità.
Non si sfugge infatti all'obbligo della commedia di costume e della satira sociale, scambiando in maniera molto elementare il boom con la crisi. Là c'era voglia di emergere e entrare a far parte di chi ha successo, qui c'è voglia di monetizzare il periodo di crisi di riuscire mentre tutti falliscono, ma a mancare è la capacità di mettere il tutto in metafora, cioè raccontare una storia che rimandi al contesto che la origina senza fare di questo l'oggetto vero del film. Aspirante vedovo invece ha foga di dichiarare i suoi obiettivi, dice tutto e gira intorno ai luoghi comuni più usurati di questi ultimi anni (in primis il protagonista, imprenditore berlusconiano con le medesime fissazioni del suo modello non dichiarato).
E' semmai più interessante allora il ritratto della moglie, che rispetto al personaggio di Franca Valeri vive di un mondo proprio, un'aristocrazia dell'imprenditoria, chiusa e distante da qualsiasi realtà effettiva, abile e scaltra al contrario del disgraziato arrivista che si è presa come marito.
Ma sono dettagli in un oceano di sonno.
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