Sul nuovo film di Cosimo Alemà va detta una cosa prima di tutte le altre, che al cinema uno degli obiettivi più importanti che possano essere raggiunti è quello di fondare (o contribuire a fondare) una mitologia, cioè lavorare su un luogo, dei suoni, dei personaggi o qualsiasi altro elemento reale per associarlo ad un genere, delle storie o anche solo delle caratteristiche tipiche. Trovare l'horror in luoghi che non vi erano associati, trasformare la percezione comune di una città, rivedere il ruolo del bianco e nero in certi contesti, rendere una categoria umana un carattere da cinema e via dicendo, ne sono esempi.
La santa lavora nella direzione della creazione di una mitologia criminale del sud Italia (e non è certo il solo, Salvo per dire fa lo stesso) che non abbia nulla a che vedere con gli stereotipi nostrani della mafia ma giri dalle parti dei generi americani tra poliziesco, azione e noir.
In un anonimo paesino di una regione non data (il che significa: "ovunque") quattro criminali non molto esperti rubano una poco controllata statua della santa locale che sanno essere molto preziosa. C'è un motivo se la statua non è sorvegliata, il paese è un unico grande fortino e i paesani armatissimi sanno coordinarsi per non farli fuggire. I quattro si separano per salvarsi la pelle e comincia un clamoroso assedio condito di fughe tra cave, campi, muri di pietre e chiese.
Lo spunto è molto forte ma non c'è solo quello, lavorando sui temi cardine del noir Alemà riesce ad inserire anche lo stimolo sessuale nella sua doppia accezione, sia come forza trainante della perdizione criminale, sia come tabù meridionale nel senso di demone strisciante che si materializza nel nascosto, nel rimosso o nei desideri. Non male.
Il finale, che per il genere è determinante, è anch'esso azzeccato.
Purtroppo non sempre la realizzazione sostiene le idee. A fronte del suo essere un film indubbiamente riuscito troppo spesso i dialoghi indugiano nell'eccessivamente intellettuale e nel ricercato fuori luogo (in un film di genere, molto secco come questo, un conto è suggerire un conto è esporre didascalicamente), la recitazione non è sempre al livello che dovrebbe, specie per i ruoli minori che sono decisamente poco curati, e una generica ricerca di "nobilitazione autoriale" sembra impedire al film di centrare i suoi obiettivi al 100% (già il titolo è completamente fuorviante e non promuove il film per quel che è ma sembra volergli donare un'aura "italiana" che per fortuna non possiede).
Ma come si diceva in testa il contributo alla fondazione di una mitologia meridionale lontana dagli standard italici, e l'intelligenza con cui tutto questo è fatto, è di per sè una grandissima conquista.
Nessun commento:
Posta un commento