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18.2.14

Black coal, Thin ice (Bay ri yan huo, 2014)
di Diao Yi'nan

BERLINALE 64
CONCORSO

Si svolge su due piani temporali questo poliziesco disperato e il suo succo è un po' tutto lì: il primo è quello del 1999, anno in cui il protagonista dopo una delusione sentimentale inizia ad indagare su uno strano caso di omicidio (i pezzi della vittima sono ritrovati contemporaneamente in diverse cave di carbone), e poi dopo alcuni eventi clamorosi si passa al 2004, il piano sul quale si dispiega la maggior parte della storia.
Ed è proprio nel 2004, nello stacco di montaggio con il quale ci viene presentato il presente, che si capisce l'intenzione reale di questo film bello e spietato. Dal sole si passa alla neve, neve ovunque e buio, in una sola scena c'è la più meschina e inutile sopraffazione di un uomo su un altro.

Sembra di assistere ad un film dei Coen tanto è alto il grado di amalgama tra umorismo grottesco e raffinato con una serie di eventi truci, imprevedibili e molto poco sensati.
Lo si capisce dopo molto poco che il detective distrutto dalla vita e dai quei 5 anni trascorsi tra il 1999 e il 2004 non è la parte centrale del film, ma solo una marionetta che si muove lungo uno scenario impressionante. Non siamo nella capitale, non siamo ad Hong Kong nè in un centro noto ma in un posto che non viene nominato, un'indeterminata parte del nord della Cina, come molte, un mondo terribile di quotidiana indifferenza e caos in cui la polizia di certo non porterà ordine.
Il bilanciamento tra il rispetto di una struttura modellata sul noir classico (anche il meteo ha un'importanza forte nelle relazioni tra esseri umani) e l'uso della storia gialla come puro pretesto, concatenazione di eventi non sempre legati da quel rapporto di logica causa-effetto che il cinema usa per rendere quanto più digeribili le trame, è delicato e sfruttato per raccontare come in quella Cina lì ogni cosa vada a morire. In una delle molte periferie dell'impero sembra non esserci senso a nulla.

Anche il noir va a morire in quegli scenari in cui detective e femme fatale si muovono tra piccoli ladri e decessi occasionali e imprevedibili, efferati e ingiusti. Non c'è una parabola buonista, questo è ormai chiaro, ma nemmeno una chiara visione pessimista, più un'indifferente cronaca dell'anarchia vigente nelle leggi naturali, uno sguardo fiaccato da una società ritratta come allo sbando, lasciata a se stessa.
Per Black coal, thin ice (titoli internazionale molto calzante) la forza propulsiva di un uomo che ha abbandonato le redini della propria vita e ora sembra cercare di riprenderle non conta niente, ed è forse la cosa più disarmante in questo bellissimo film.

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