Sempre di più nei film di Ferzan Ozpetek c'è un desiderio di desiderio, ovvero una volontà di mettere in scena passioni forti, torbide, carnali, travolgenti come in un melò anni '50, che è superiore a quel che poi effettivamente è la realizzazione del film.
Il genere a cui si rifà il regista italo-turco arrivava a punte di incomunicabile passionalità attraverso un'economia di messa in scena, minuscoli dettagli, piccole espressioni o sobri gesti rivelatori che proprio nel loro non essere esagerati svelavano bufere interiori, nel cinema di Ozpetek invece il desiderio di desiderio è così forte che a scena madre segue altra scena madre, in un continuo voler ammassare momenti intensi che finisce per svilirli inevitabilmente, come un mare sempre in tempesta, di cui non si ricorda più com'è la calma e che quindi non impressiona.
La storia stavolta non era nemmeno male. Sembrava interessante sulla carta poter lavorare sulla grande storia d'amore di una coppia fondata non sull'unione intellettuale ma su qualcosa di più profondo e animale, in cui l'uomo è la personificazione del machismo sincero (silenzioso, istintivo, brutale, fedifrago, passionale) e la donna invece è l'elemento nobile, non acculturata ma sveglia, vitale, bella e onesta, tutto lungo un arco di 13 anni sfruttando il portato emotivo che questo trascorrere del tempo implica. Fare insomma un racconto classico da cinema di metà novecento, con l'invecchiamento e le malattie, gli ospedali e i ribaltamenti di fronte, sembrava qualcosa nelle corde di Ozpetek, solo che ha scelto di non usare mai il pennello fine, il tratto preciso ma unicamente quello grosso.
Lo si nota specie nel flashback finale che tenta quel medesimo artificio che riesce a perfezione in Tutti i santi giorni di Virzì, proprio quando si pensa che uno dei due sia la colonna su cui si appoggia l'altro mostrare che è sempre stato il contrario.
Ma non solo. Appresso alla volontà di creare un cinema dalla forti emozioni le intenzioni di Ozpetek superano il film, lasciandolo dietro di sè, perchè i mezzi con cui la storia è narrata non sono a livello di quel che sogna la sceneggiatura.
Sebbene infatti in alcuni casi sono espedienti di fotografia o magari di montaggio o ancora di scrittura a far cercare il sentimentalismo, nella stragrande maggioranza dei casi il veicolo cui tutto è affidato sono i volti, la recitazione. Questo risulta in un continuo ripassare sopra i medesimi passi, un continuo mostrare volti intensi (che non sempre lo sono davvero), sguardi verso l'infinito e silenzi addolorati che perdono di valore e senso ad ogni nuova iterazione. In particolare poi in Allacciate le cinture il mutismo di sguardi sconfina troppo spesso nello spot Dolce e Gabbana per come vuole arrivare subito al risultato finale, cioè all'intensità, attraverso un'esibizione di corpi sessualmente eccitati ma senza turbare davvero il pubblico.
Come se non bastasse Allacciate le cinture prevede un ulteriore elemento di difficoltà che affossa tutto definitivamente, ovvero la mescolanza di toni. Invece che essere un dramma puro, dall'inizio alla fine, il film si contamina di continuo con la commedia attraverso personaggi-macchietta o piccole situazioni divertenti che si amalgamano malissimo con il resto del film. Non essendoci una scrittura in grado davvero di mettere insieme le due componenti, l'ibrido risultante svilisce sia l'ironia che il dramma, per la troppa voglia di essere tutto.
Così alla fine, nonostante una fattura più che pregevole e qualche idea che meritava davvero un contesto migliore (il salto di 13 anni in cut è davvero forte), tutto sta sempre ad un passo dalla fiction da tv generalista per come affianca male elementi eterogenei e quando poi entra in ballo la pessima colonna sonora lo sconfinamento nella messa in scena più naive e dozzinale possibile è inevitabile.
5 commenti:
A me è piaciuto parecchio..
Io più ci penso più rosico per il fatto che voglia fare tutto (commedia e dramma) e usi troppi personaggi gestendoli alle volte malissimo (Paola minaccioni).
Tu sei troppo tecnico e professionale..io da ignorante e sentimentale l'ho trovato bello..
ieri ho visto il film e devo dire che ero un pò prevenuto, ma nell'insieme il suo melo' contaminato dai tanti personaggi (secondo me tutti ben delineati)e dalle macchiette mi emoziona e mi coinvolge più di un dramma vissuto nella sua purezza. io ci ho ritrovato lo stesso regista di sempre ma con qualche pecca in meno rispetto all'ultimo, dove la contaminazione era davvero forzata.
qui devo riconoscere però la pessima colonna sonora che male accompagna alcune scene e qualche immagine di troppo un pò dolce e gabbana style, con volti belli in primo piano e case da favola.
confesso solo che mi sono commosso e lasciato trasportare.
secondo me la scena iniziale dei titoli d'inizio è bellissima.
Non che non ci siano cose apprezzabili e non che non ci si possa commuovere nel finale. Sono il primo a dire che l'idea di base del film mi piace e mi pareva azzeccata per Ozpetek, ma mi sembra che si peni davvero troppo per arrivarci con momenti, personaggi ed eventi troppo inutili e superflui.
Non mi sembra mai giusto quando sono io a mettermi di impegno per dimenticare le cose brutte e concentrarmi solo sulle belle invece che il regista in sala di montaggio.
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