Nonostante possa apparentemente sembrare un film a budget basso, Il settimo figlio nasce come un'impresa di livello alto: prendere il primo di una lunga serie di libri di Jospeh Delaney e dar vita ad un possibile franchise. La presenza di Julianne Moore come villain e Jeff Bridges come mentore in questo senso è indicativa più che la scelta (di ripiego) di avere Ben Barnes come protagonista.
A posteriori però si può dire che forse non era Sergey Bodrov il regista più giusto per l'operazione. Il settimo figlio è molto legato ad un immaginario cupo e dal fascino quasi inesistente, variando moltissimo dalla carta. Ci sarebbe anche Kit Harington (John Snow di Il trono di spade) a fare da ponte tra il fantasy di immenso successo della tv e questo, che di certo non ha la medesima potenza di scrittura (e lo sa), ma la sofisticazione del fantasy moderno è lontanissima e purtroppo il film non centra nemmeno l'altro estremo, quello più sporco e ruvido.
Il viaggio di Tom Ward e John Gregory procede incrociando Lo Hobbit a L'ultimo dei templari, ovvero grandi panoramiche dalle montagne, creature che sembrano i troll ma non hanno personalità (quindi pericolosità) e dall'altra parte un rapporto di inganno e compenetrazione con il mondo che si combatte.
In Il settimo figlio infatti la stirpe di cacciatori di streghe ha una solida (e taciuta) tradizione di sentimentalismo stregonesco, sia il maestro che l'allievo si innamorano o sono stati innamorati del loro nemico, causando disgrazie, ire e decessi. Tom Ward però è diverso e così la sua amata, vogliono una vita insieme davvero e sono pronti a non rispettare i loro ruoli.
Purtroppo Bodrov non ha il tocco necessario a manipolare personaggi femminili. La maniera in cui la loro psiche è gestita fa invidia ai videogame più maschilisti, caratterizzate da isterie, vendette, malizie e obbligate a seguire percorsi di vita determinati dalle azioni degli uomini che hanno amato.
Tutto ciò però sarebbe stato probabilmente ampiamente sorvolabile se Il settimo figlio avesse saputo creare una dimensione visivamente (e ritmicamente) accettabile per la sua idea di fantasy con streghe. Invece ruba a piene mani dal mondo videoludico, tra Assassin's Creed, Castlevania, Infamous e i loro pessimi epigoni, non solo vesti, panni, colori ed effetti speciali ma anche la pessima maniera in cui la videoludica più commerciale imita il cinema. Facendo tutto il giro Bodrov si fa influenzare dai brutti videogiochi influenzati a loro volta dai brutti film, con zoom, carrelli e movimenti (specie in interno) più finalizzati a mostrare che a raccontare.
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