È un esordio non comune quello di Pietro Parolin.
Non ci sono struggenti storie d'amore o delicati ed intellettuali silenzi, non ci sono interni borghesi (ma anzi una divisione in nobili decaduti e resto del mondo che viene dalla commedia sofisticata), non ci sono realtà sconosciute, etnie dimenticate o vere comunità ritratte con piglio etnografico ma un ben più consueto Veneto cittadino. Soprattutto in quest'esordio non c'è una velleità intellettuale a guidare il progetto ma una solida commissione commerciale. Leoni è un film molto spinto dal fondo regionale della regione Veneto, realizzato grazie alla vittoria di un bando, insomma un'opera dalla committenza chiara ed ineludibile.
Partendo dal territorio Parolin costruisce (e scrive in prima persona) la storia di un figlio di nobili natali, un cinquantenne con grandi velleità imprenditoriali che non ha mai concluso niente all'ombra di un padre ingombrante (e raccomandato ovunque da una vecchia madre ancora potente), che ad un certo punto è costretto a prendere le redini della sua vita per non finire davvero a terra. Messo con le spalle al muro Gualtiero Cecchin deve tirare fuori tutto quello che ha per migliorare la propria vita ma, per fortuna, non è un dolce sfortunato nè tantomento un buono, un molle o ancora un'inguaribile romantico. Divorziato, classista, convinto della superiorità della propria famiglia, determinato a rimanere ricco, affezionato ai simboli della ricchezza e del benessere e generalmente incline a guardare male la voglia del figlio adolescente di lavorare, Gualtiero Cecchin è un protagonista strano per il nostro cinema, per questo costituisce il vero motore di Leoni.
L'umanità che si muove intorno a lui però non è al suo livello. Nè il marito della sorella, poliziotto a cui viene rinfacciato di non essere alla sua altezza, nè la suddetta sorella succube o la madre inferma a letto o ancora il figlio dai sani principi o il sottobosco sessualmente attivo, nessuno è davvero un personaggio originale e completo come Gualtiero, pigramente sempre in pista, velleitariamente pronto a iniziare nuove imprese sigaro in bocca e sorriso malandrino.
Purtroppo però alla fine c'è poco da fare, nonostante le buone idee Leoni non è un film eccezionale, quanto più una buona promessa. Parolin e più bravo a scrivere e ideare un progetto che a dirigerlo, e forse proprio per il suo non essere in grado di mettere davvero a frutto il mondo che gira intorno a Neri Marcorè, si lascia sfuggire anche la possibilità più succosa, quella di mettere davvero a confronto il mondo presente (del figlio di Gualtiero che entra ed esce dalle inquadrature sempre indaffarato a guadagnarsi il suo futuro) con quello passato del protagonista, sempre intento a chiedere aiuti ed aiutini fino a dover ingannare per sopravvivere nella congiuntura contemporanea.
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