Dopo 18 anni dopo e Buongiorno papà Edoardo Leo, torna a raccontare le seconde occasioni, la voglia di ricominciare, di cambiare vita e di inseguire un sogno anche quando sembra troppo tardi.
In città tutto va male, c'è chi fa un lavoro che odia, chi tira a campare con espedienti e debiti, chi è creditore ma ha perso ormai la famiglia da tempo e chi fa fallire la gastronomia di famiglia (attiva dal 1910!), l'unica possibile salvezza, ancora una volta nel cinema italiano, è la campagna. Lontano dalla città i 3 soci fuori dal comune che presto diventeranno 4 e poi 5 e 6 con le aggiunte meno probabili, mettono in piedi un agriturismo, ristrutturano, arredano, organizzano e quando, ad un passo dall'inaugurazione, si presenta la camorra per esigere il pizzo, in un impeto di furia tramortiscono il messo e lo nascondono, sperando di guadagnare tempo.
A questo punto Noi e la Giulia ha dato il massimo, quando la trama sbriga (con eccessiva lentezza!) la prima parte introduttiva, ha spostato i protagonisti in campagna, li ha messi insieme e finalmente può dedicarsi all'intreccio vero e proprio, cioè alla maniera nella quale nascondono la camorra nello scantinato e devono gestire le sempre più insistenti visite dei successivi inviati, il terzo film di Edoardo Leo arriva finalmente a respirare. A quel punto anche l'umorismo prima un po' alla buona sembra migliore, il presupposto della campagna salvifica appare sopportabile e compare un senso di rivalsa e quasi ("quasi!") di esaltazione dovuto alla lotta per affermare se stessi che soffiano della vitalità nella messa in scena. Peccato che duri poco, il tempo di arrivare alla lunga chiusura fatta di ralenti, favolismo, sequenze musicali (addirittura due identiche a poca distanza l'una dall'altra), dolly, droni e melassa di una dolce storiella d'amore punteggiata da una dolce voce fuoricampo che commenta dolci immagini, come ci trovassimo in Immaturi 1 o 2.
Per la maggior parte del tempo quindi l'impressione è che il film metta insieme degli attori e non dei personaggi. Argentero, Fresi, lo stesso Edoardo Leo, Claudio Amendola e Anna Foglietta hanno ognuno un personaggio molto colorato, estremo, spesso dotato di un dialetto e dai tratti marcati, una base ottima per partire ma che rimane per l'appunto un aggregato di caratteri e mai una ricetta completa. Sembrano le prove e non lo spettacolo, quando tutti gli attori mettono a punto l'interpretazione, hanno chiaro il personaggio che interpretano ma non lo calzano con la comodità che serve a dare armonia. Solo Buccirosso, come sempre, è evidentemente inserito nel flusso narrativo (forse la vera grande dote di questo attore particolarissimo che sembra non sbagliare film nemmeno quando li sbaglia).
A soffrirne più di tutti è invece Claudio Amendola, l'unico con un personaggio dal carattere forte e intrigante, l'unico a muovere gli eventi, prendere decisioni e causare l'andamento della storia e quindi il più carismatico e il più promettente.
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