Una figlia sposata con un musulmano, una sposata con un ebreo, una sposata con un cinese, la coppia di genitori al centro di Non sposate le mie figlie (che senso vuole avere questo titolo?) è di quelle tolleranti solo a parole, messa duramente alla prova da 3 matrimoni (su 4 figlie) nessuno dei quali secondo la loro religione o con un uomo della loro etnia. Distrutti e fiaccati da parenti che non amano, conversazioni che non si possono toccare a tavola, cibi da non cucinare e la continua repressione delle proprie opinioni in ogni alterco, i due sperano in un marito scemo ma almeno "simile a loro" per la quarta figlia. Non sanno che invece questa sta insieme ad un attore di colore dalla famiglia ivoriana. Se non altro è cattolico.
Sulla carta abbastanza cattivo e pieno di politicamente scorretto il film di Philippe de Chauveron, come era facile intuire dai grandi incassi in patria, in realtà è molto corretto e bilanciato. Prendendo in giro tutti facendo attenzione a dare uno schiaffetto ad ognuna delle parti in causa per poi riservare il peggio per la maggioranza (i cristiani bianchi), si pone l'obiettivo di rappresentare la Francia moderna e così attirare in sala quante più etnie è possibile lasciando ad ognuna la soddisfazione di aver visto qualcosa di audace.
A furia di edulcorare e calmare le acque Philippe de Chauveron finisce per lasciare per strada il conflitto, relegandolo a piccole scaramucce e incomprensioni tipiche da commedia romantica ma inadeguate a parlare di divisioni sociali.
In realtà il film, se si eccettuano le performance dei due "padri" interpretati da Christian Clavier e Pascal N'Zonzi (letteralmente uno più abile dell'altro), segue più le regole delle commedie matrimoniali che della satira di costume. Non sposate le mie figlie è infatti l'esatto contrario del cinema libero, prigioniero com'è della gabbia che si è costruito, incapace di deviare dal massimo della correttezza che gli consente di prendere in giro tutti senza offendere nessuno (ma non era quello il punto dell'essere scorretti?).
Scritto in maniera gradevole e interpretato a dovere ad un film simile si è comunque in dovere di chiedere di più. Ad un'opera che desidera appuntarsi sul petto la più nobile e alta delle medaglie non si può lasciar correre un atteggiamento così succube.
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