La solita commedia è insalvabile ma almeno non è l'ennesimo esempio di cinemino quieto e per belle famiglie, tarato nei casi migliori su standard visivi pubblicitari e ironia inesistente, buonista invece in quelli peggiori, contro nessuno e a favore di tutte le brave persone.
Le premesse del film sono così esili e pretestuose da rasentare l'episodio televisivo, la realizzazione è così sciatta e svogliata che si avvicina allo standard aureo della tristezza dei Fantozzi di Neri Parenti, eppure non si può negare che il nuovo film di Biggio e Mandelli, che non si firmano più I soliti idioti (anche se lo schema è il medesimo della serie tv omonima che li ha lanciati come coppia comica: molti personaggi in molte scenette autoconclusive per fare satira di costume), abbia una vena cattiva inusuale e inacidita, un sano livore contro la razza umana che li porta a prendere in giro tutti con pochissima bonarietà e nessun candore. Se I soliti idioti (al cinema) viveva molto del dinamismo inesauribile di Ruggero De Ceglie, cioè la maniera con cui Biggio e Mandelli uccidevano i padri e ridicolizzavano il mondo genitoriale meschino e vessatorio lasciato in eredità alla loro generazione, La solita commedia è effettivamente sbriciolato in tantissime scene diverse, non tutte del medesimo livello.
L'espediente che scatena il racconto è la difficoltà, all'inferno, di catalogare i peccati, empasse che spinge Satana a conferire con Dio (Inferno e Paradiso sono una cosa unica, una pastetta) convincendolo a trovare la poco fantasiosa soluzione di rispedire sulla terra Dante Alighieri per 24 ore. Il compito è stilare un elenco dei nuovi peccati. Viviamo assieme Dante e un Virgilio molto terreno una giornata tipicamente italiana, dalla mattina all'alba del giorno dopo, in cui il poeta vede davanti a sè diversi esempi di peccatori moderni, rigorosamente catalogati per gironi e neo-peccati.
Difficilissimo considerare "film" quest'aggregato di sketch blandamente uniti da una trama pretestuosa (e tutti interpretati dai medesimi attori con trucchi diversi). Se però c'è una cosa che, a tratti, La solita commedia possiede e di certo appartiene al cinema, è uno sguardo ampio e onesto sulla realtà che racconta, di certo più audace e arrogante di quello televisivo.
Si passa infatti da momenti di sconfortante banalità a piccole chicche di umorismo riuscito (il nonsense della coppia in cui la moglie non trova le cose, gli incapaci del wi-fi, i covatori di rabbia, Dio impasticcato, Gesù adolescente e via dicendo). Per la cronaca i primi sono nettamente più numerosi dei secondi ma le parti migliori del film hanno quasi tutte in comune la capacità di attaccare senza mezzi termini i margini della società. Invece che carezzarli o elevarli e identificare in essi, in quanto minoranze, un piccolo tesoro da guardare pietosamente, Biggio e Mandelli li prendono di mira senza mezzi termini. Uomini e donne piccini, "medi" nell'accezione più deleteria del termine e spesso brutti e schifosi. Proprio quest'abbinamento di ordinaria miseria e messa in scena inadeguata avvicinano il film, come già detto, ai mondi grotteschi di Fantozzi ma di certo non quello raffinato di Salce, quanto quello scalcagnato di Neri Parenti.
A tratti controcorrente e per nulla conciliante La solita commedia è indubbiamente molto di più di quanto tanta commedia non divertente e buonista ci propini quasi ogni settimana, ma anche molto meno di un film nel senso completo del termine. Per questo non si può non far notare a quanti identifichino in Biggio e Mandelli il perfetto esempio del peggio prodotto in Italia come questi film tecnicamente pessimi, rispetto ai più blasonati e vuoti campioni della commedia non divertente e tutta uguale, se non altro sono (a tratti!) animati dallo spirito del cinema migliore, quello che non mira a calmare ma ad agitare.
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