C'è come al solito l'irrisolto rapporto con il nostro passato al centro di N-Capace, film di interviste (non documentario, nè finzione) inframezzate da momenti di sapore teatrale totalmente fuori contesto. A parlare, oltre all'autrice, sono solo anziani e giovani. I primi, quasi tutti di Terracina (paese d'origine dell'autrice) sono troppo vecchi e immersi nel mondo che Eleonora Danco li porta a rievocare, i secondi, quasi tutti di Roma, troppo schiacciati sul loro presente (tutti in età da liceo) perchè le loro parole possano avere un respiro che non sia autoriferito, solo incrociando ciò che eravamo con ciò che siamo si dovrebbe comprendere qualcosa. E invece non è così.
Mentre la stessa autrice nei suoi interludi teatrali si pronuncia apertamente a favore della memoria, del ricordo e della lotta per tutto ciò che è stato e non è più (i cambiamenti in questo film sono sempre quelli verso il peggio), beandosi delle spontanee reazioni degli astanti alle sue scialbe perfomance teatrali, gli intervistati parlano di terribili violenze tra marito e moglie, di educazioni materne dure e costrittive, di società troppo ingerenti nella vita personale e poi, di colpo, dell'esatto opposto, cioè di un mondo in cui nulla sembra contare niente, le istituzioni come la scuola si saltano, non si frequentano o si trascurano e il lavoro è un miraggio di pragmatismo. Solo il padre dell'autrice merita un trattamento diverso, della sua intervista vediamo le parti di racconto al pari del "fuori scena", cioè la lotta con la figlia per mantenere una forma di pudore e privacy davanti all'obiettivo.
Come sempre una persona che racconta di sè e del proprio mondo, se mostrata con parsimonia e tramite un montaggio ben orchestrato, è uno spettacolo in sè. È il piacere della narrazione basilare e N-Capace ne abusa per tenere avvinto lo spettatore ma fallisce ogni qualvolta cerca di mettere le storie dei suoi intervistati in relazione tra di loro per dire qualcosa di più grande. Nonostante la fotografia di Daria D'Antonio (l'unica parte del film che davvero riesce ad andare oltre ciò che viene rappresentato) il film ha pochissimo da dire e molto da aggregare. La grandissima massa di stimoli, idee e discorsi che N-Capace vomita sugli spettatori con indubbio piacere di entrambi, nonchè lo stesso spunto di mettere a confronto degli anziani che rievocano le loro giovinezze e dei giovani che raccontano il loro presente, è letteralmente buttato.
Sarebbe compito di chi guarda trarre qualcosa dal grande raffronto del film, tra questi due esempi lontanissimi di gioventù, e non è nemmeno difficile farlo. Ciò non leva che la mancanza di sguardo di Eleonora Danco su ciò che racconta dà vita sia al più piatto dei montaggi (durante le interviste), sia alla più retorica delle prese di posizioni narciso-retroguardiste (negli intermezzi che la vedono protagonista).
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