Per la prima volta Lillo e Greg curano un film dall’inizio alla fine. Lo scrivono e lo interpretano come in passato e lo dirigono anche. Il risultato è diverso dal solito: non ha né l’asettica ininfluenza di Volfango De Biasi né la sciatteria un tanto al chilo di Neri Parenti.
D.N.A. è un fumettone a basso costo e bassi valori produttivi che ruba più che altro al teatro e procede per scenette. Questo non significa che sia un collage di sketch ma che il film ha come unità narrativa l’interazione tra due, massimo 3 personaggi. Interazioni che hanno un loro ritmo non sempre coerente con il resto della storia, hanno loro temi e loro dinamiche umoristiche che forniscono l’impressione si tratti di un momento separato dal resto. Quest’unione di momenti apparentemente separati dal resto (tuttavia uniti da una trama) è il film. Non il massimo.
Di buono c’è che come sempre gli capita Lillo e Greg sono davvero capaci di far ridere e di farlo con percorsi tutti loro. Se nella storia tutto è sacrificabile e sacrificato per una gag, se non altro queste sono buone! Ovviamente c’è il gioco tra registro linguistico alto e registro linguistico basso, tra parlata dialettale e forbita, che è il loro specifico e il campo su cui storicamente sono più forti, ma ci sono anche momenti di sorprendente originalità e qualche colpo assestato quando meno ce lo si aspetta (che spesso è il segreto della comicità).
La storia di D.N.A. è un grande fumettone (del resto ne ha le musiche, i colori, gli effetti e la colonna sonora), fatto di provette colorate e camici da laboratorio, in cui un professore trova un siero in grado di scambiare le personalità di due individui, lo sperimenta su di sé (da sempre remissivo) e su un introverso e il bullo che lo affliggeva a scuola e ora è diventato un piccolo criminale ignorante (che invece è arrogante e spocchioso). Gli scambi provocheranno conseguenze impreviste nelle loro vite e nel rapporto con il magnate di una catena di fast food che vuole usare il siero per dare a tutti la personalità di un mangiatore di junk food compulsivo.
Il risultato è il minimo dell’impegno registico che raggiunge (viste le premesse) un buon tasso di divertimento e l’impressione è che l’unica altra persona oltre a Lillo e Greg a credere nel film sia Anna Foglietta. Lei interpreta tre personaggi, tre donne a loro modo vittime di uomini (una moglie frustrata, una bibliotecaia timida eccitata dall’aver trovato qualcuno come lei, un trans dai modi spicci e i pareri da psicologa). A loro modo queste tre donne sono tutte terribilmente vogliose di sesso, e questo dà modo all’attrice di lavorare sul corpo molto bene. Non è solo il fatto di poter usare molto makeup e avere un buon parco costumi per cambiare di volta in volta, è proprio il cercare di ritrarre tre modelli femminili a partire dal rapporto che hanno con il sesso (e quindi con gli uomini), dimostrando come sia possibile parlare di squilibri sessuali senza menzionarli mai e in un film che non parla assolutamente di quello.
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