Se c'è una cosa che è tipica del cinema italiano (e più in generale del cinema europeo) è il fatto di girare in esterni. Dal realismo poetico francese, al neorealismo fino alla nouvelle vague (che l'ha fatto per presa di posizione ideologica) si è formato un modo di fare cinema che prevede le riprese all'aria aperta come uno dei modi di riprendere la realtà per quello che è.
Poche le eccezzioni di livello, tra queste ci sono molti film di Visconti e molti di Fellini che della ricostruzione in interno hanno fatto un'arte. In particolar modo per Le Notti Bianche è stata ricostruita a cinecittà un intero segmento di una Livorno immaginaria fatta per somigliare alla Pietroburgo del romanzo di Dostoyevsky da cui è tratto il film. Una ricostruzione simile a quelle di Micheal Powell, fatta per poter controllare ogni elemento della messa in scena, anche quelli che solitamente sono incontrollabili se si fanno riprese in esterni. Il risultato non è una ricostruzione verosimile come spesso ha preteso Visconti, ma assolutamente espressionista. La città ricostruita è un luogo di emozioni e panismo illuminata da luci decisamente drammatiche e messa a fuoco con una profondità che impedisce allo spettatore di trascurare il minimo dettaglio.
Protagonisti del film, tanto quanto Maria Schell e Mastroianni, sono infatti le mille piccole comparse che animano e rendono credibile la città che sembra esistere solo di notte.
Per il resto il film parte molto bene con un andamento onirico e romanticamente sognante che a poco a poco si infrange e si smembra fino al drammatico finale in cui la sola prestazione di Mastroianni fa tira su tutto il film di botto.
Poche le eccezzioni di livello, tra queste ci sono molti film di Visconti e molti di Fellini che della ricostruzione in interno hanno fatto un'arte. In particolar modo per Le Notti Bianche è stata ricostruita a cinecittà un intero segmento di una Livorno immaginaria fatta per somigliare alla Pietroburgo del romanzo di Dostoyevsky da cui è tratto il film. Una ricostruzione simile a quelle di Micheal Powell, fatta per poter controllare ogni elemento della messa in scena, anche quelli che solitamente sono incontrollabili se si fanno riprese in esterni. Il risultato non è una ricostruzione verosimile come spesso ha preteso Visconti, ma assolutamente espressionista. La città ricostruita è un luogo di emozioni e panismo illuminata da luci decisamente drammatiche e messa a fuoco con una profondità che impedisce allo spettatore di trascurare il minimo dettaglio.
Protagonisti del film, tanto quanto Maria Schell e Mastroianni, sono infatti le mille piccole comparse che animano e rendono credibile la città che sembra esistere solo di notte.
Per il resto il film parte molto bene con un andamento onirico e romanticamente sognante che a poco a poco si infrange e si smembra fino al drammatico finale in cui la sola prestazione di Mastroianni fa tira su tutto il film di botto.
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