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6.4.10

L'Uomo Nell'Ombra (The Ghost Writer, 2010)
di Roman Polanski

POSTATO SU
Il nuovo (e forse ultimo) film di Roman Polanski vince nel momento in cui rifiuta qualsiasi velleità autoriale (anche se ovviamente facendolo raggiunge anche quest'obiettivo). Vince quando sembra imbastire un rapporto sentimentale e poi lascia che tutto rimanga solo un altro passo avanti nella distensione della trama, quando sembra operare un discorso sociale e politico sull'eredità del conflitto afghano nei rapporti America-Regno Unito ma poi vira subito su un colpo di scena del plot. Vince insomma tutte quelle volte che rifiuta fermamente di centrare la messa in scena sulle speculazioni autoriali e invece rimane attaccato ai fatti, lasciando che da essi emergano i personaggi e il contesto.

Con un'attenzione giustamente maniacale ai luoghi, al meteo e ai volti (vedasi Eli Wallach oppure il modo fantastico in cui è usato un attore solitamente scialbo come James Belushi) Polanski centra tutte le componenti fondamentali di un film di genere che, oltre ad un intreccio forte (garantito dal libro di partenza), si fonda soprattutto su un contesto e un'atmosfera in grado di convincere lo spettatore che tutto può succedere.
La rapidissima discesa di un normale (e un po' sfortunato) scrittore chiamato a fare il ghost writer del primo ministro britannico e in un attimo catapultato in una situazione più grande di lui, fonda il suo coinvolgimento su elementi come la straordinaria abitazione in riva al mare in cui si svolge buona parte del film, il tempo plumbeo e ventoso e quella curiosa umanità al servizio del primo ministro che sullo sfondo di tutto continua a mettere a posto le foglie anche se il vento le scompiglia.

L'uomo nell'ombra
è un film in diversi toni di grigio dove non c'è un raggio di sole e che non perde un attimo e no ha un gesto superfluo. Contrariamente al cinema di situazioni, di personaggi e di ambienti, che spesso si dilunga in scene che non hanno economia nella trama ma che definiscono un personaggio, questo è cinema di fatti che invece si nutre di situazioni, personaggi e ambienti nel quale tutto ha un senso perchè il meccanismo asciutto di narrazione della storia è specchio di un modo rigoroso di conoscere il mondo.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Già non vedevo l'ora, ma se mi dici così!!

Ale55andra


Esponja88 ha detto...

"Contrariamente al cinema di situazioni, di personaggi e di ambienti, che spesso si dilunga in scene che non hanno economia nella trama ma che definiscono un personaggio, questo è cinema di fatti che invece si nutre di situazioni, personaggi e ambienti nel quale tutto ha un senso perchè il meccanismo asciutto di narrazione della storia è specchio di un modo rigoroso di conoscere il mondo."
Insomma Hitchcock?
Muoio dalla voglia di vedere, con questo film, Polanski che torna al film di genere. Però che tristezza se dici che questo sarà l'ultimo...


gparker ha detto...

si beh non solo Hitchcock, quello è inarrivabile.
Comunque siamo in quel macrogenere. Cinema fieramente antintellettuale che risulta più intellettuale di tutti.


alp ha detto...

Che bello, e anche se senza velleità autoriali, alla fine la sua firma si vede eccome


Udo Kier ha detto...

Grande GParker con il tuo punto di vista critico rendi onore a questo grande pedofilo.
Bene per non averlo definito film testamento, si tratta di uno splendido esercizio di stile che mi ha, personalmente, completamente soddisfatto. Ancora una volta ha raccontato se stesso e il suo modo di vedere l'umanità, celebrandone sempre i difetti ed è per questo che lo amo. E' l'ultimo dei grandi registi umanisti. C'è tutta la sua iconografia in questa ultima pellicola, ma più di tutto quelle inquadrature dalla nave con il mare che si perde all'orizzonte come in Luna di Fiele mi hanno toccato dentro. Secondo me se la ride pure lui nella sua prigione d'oro in svizzera, e forse se l'è pure cercata. Anni fa diceva "...mi vergogno di non sapere nulla di queste cose, di non avere una coscienza politica...". Ma ha chiuso la sua vita mentre faceva il suo film più politico. Bello.


gparker ha detto...

la definizione "grande pedofilo" m'ha fatto morire.
Si pure secondo me in un certo senso dalla sua sant'elena privilegiata se la ride alla grande e progetta altri film.
Chi lo ferma uno che il nazismo gli ha sterminato la famiglia e l'ha imprigionato ma è comunque scappato?

Fenomenali quei momenti in bici sulla spiaggia, tutti vento e incertezza.


Fabio ha detto...

Nella prossima puntata di Cellulite e Celluloide vogliamo che si rifaccia il processo.


gparker ha detto...

ma non che lo continuiamo noi, proprio lo rimettiamo in scena esattamente come si è svolto.


Jakala ha detto...

Concordo bel film


dario ha detto...

Oh, ma sono l'unico che lo vede come una maniacale riscrittura in chiave di genere (thriller politico) de L'inquilino del terzo piano?
Dai, lui che prende il posto di qualcuno morto in condizioni pazzesche, che si ritrova a percorrere la stessa strada verso l'ossessione distruttiva? In questo caso è tutto più fattuale e prosaico (per dire, tutta la scena del navigatore della macchina sta a Polanski vestito da donna!) ma il succo è quello. E il personaggio agisce sempre in modo opposto a quel che si aspetta dal contesto, in barba all'istinto di conservazione spiattella tutto prima a Lang poi a Ruth, va incontro alla fine che era già inscritta nelle prime inquadrature. Il doppio (qui ghost writer, tra l'altro personaggio senza nome), la follia dell'ossessione ecc... E' lo stesso film, ma con altre chiavi di genere!


gparker ha detto...

si era una cosa che era stata sottolineata mi sembra anche in quella conferenza stampa in cui lui non c'era. Comunque più che partorire sempre le stesse storie è che si interessa sempre alle stesse storie, in fondo pure questo è un libro.


dario ha detto...

Sì, o comunque si interessa a precise dinamiche. Credo che nel libro di Harris ad esempio il protagonista non sia così stranamente e morbosamente legato al destino dell'altro ghost writer.


sigosiendobostero ha detto...

"Polanski centra tutte le componenti fondamentali di un film di genere che, oltre ad un intreccio forte (garantito dal libro di partenza), si fonda soprattutto su un contesto e un'atmosfera in grado di convincere lo spettatore che tutto può succedere".

Per quanto io creda di aver compreso il focus della tua analisi, non sono d'accordo con ciò che dici.

In particoalre, non mi sembra che questo film sia in grado di convincere lo spettatore che tutto può succedere. Penso che i troppi elementi buttati sullo schermo dal regista siano solamente un fattore di confusione ed incomunicabilità. Cosa vuoi dire, Roman? Dove vuole arrivare il tuo film? Morali? Intrecci? Curiosità? Topoi riscaldati?

Trappola stilistica arenata su una trama a mio avviso tutt'altro che forte e delineata. Atroci i passaggi dallo "squalismo" dell'editoria e della politica alle torture, ai manifestanti, ai complotti CIA (che tanto si finisce sempre lì..), alle congiure politiche fino ai veterani pazzoidi.

Lentissima la prima parte. Triste la scappatella. Mi ha incuriosito solo la scena del navigatore. Ma in un film di due ore (o quasi, mi sembra) è poca roba.


George Weah ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con te, Sigosiendobostero (tra l'altro, veramente particolare il tuo nome!)

Se ho capito la trama (e anticipo sin d'ora che, non aderendo a quella scuola di pensiero secondo la quale il cinema d'autore va di pari passo con l'ermetismo dei propri contenuti, questo motivo di per sé solo mi porta ritenere il film in questione non propriamente un capolavoro), ma sono dell'avviso che il film sprofondi sotto il peso delle proprie velleità autoriali.

Che un primo ministro inglese venga selezionato e manovrato inconsapevolmente dalla CIA lungo tutta la propria carriera politica è un paradosso, non regge insomma.

Che le ambientazioni e la fotografia non siano malaccio, francamente me lo sarei aspettato da un regista non di primissimo pelo.

Una chiosa su Ewan McGregor: a tal punto insulso da poter interpretatre al meglio il ruolo di attore fantasma piuttosto che di ghost writer.


gparker ha detto...

@sigosiendobostero: no, non ci sto, non c'è moralismo e non ci sono topoi riscaldati ma un thriller politico puro portato in immagini come si dovrebbe fare, cioè cercando, mentre si racconta una storia, di tracciare anche un ambiente, dei significati e delle idee attraverso le immagini.
Il contesto plumbeo, i servitori che raccolgono le foglie, quella varia umanità dell'isola e i viaggi di ewan mcgregor all'esplorazione possono essere insignificanti in sè (vedi lui che con la bici non parte subito ma si arena) ma tutti insieme hanno un senso (la difficoltà nel fare qualsiasi cosa, il continuo e inutile battersi contro una forza superiore e un destnio grigio che incombe9.
Io credo che un film del genere vada fatto esattamente così.

George Weah: se non ti è piaciuto il film è un conto ed è opinione rispettabile ma ridurre un film del genere ad un'opera la cui trama non si capisce (non è vero), pieno di velleità autoriali (a me sembra l'esatto contrario) e poco plausibile è un'operazione parziale che impedisce di dare un giudizio onesto. Questo giudizio poi può anche essere negativo, ben inteso, ma sostenere che ha "una buona fotografia" come se fosse una bella copertina invece di uno strumento per generare senso secondo impedisce di comprendere che senso abbia fare un film di questo tipo in questa maniera.


Fabio ha detto...

Fate bene ad indignarvi per i topi riscaldati. Pure nei ristoranti cinesi ormai è tutto surgelato.


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