C’è una simpatica vecchina coriacea che non si arrende al proprio status e decide che sopravviverà un anno intero nella località di vacanza in cui si era recata. A stagione finita perde il treno che doveva riportarla a casa e decide di rimanere, industriandosi nonostante l’età. Attraverserà le 4 stagioni e farà strane amicizie, ricorderà momenti della sua infanzia e giovinezza.
Tutto si può dire a Le stagione di Louise tranne che non sposi la forma con il contenuto. Per raccontare questa storia lieve e delicata, Jean-François Laguionie mette in piedi un film animati sui toni pastello sbiaditi, dalla saturazione bassissima e tempi dilatati, senza nemmeno un dialogo ma con tutta narrazione fuori campo.
Fieramente anziano come film, come concezione e come celebrazione della tempra di una donna che non ricorda quasi nulla ma è attraversata da lampi di consapevolezza e ricordi improvvisi, Le stagioni di Louise vuole trascinare lo spettatore in una dimensione da sogno lieve a furia di un'animazione che simula i tratti pastello e un character design buffo ma dignitoso, proponendosi come la massima punta del delicato e raffinato senza esserlo.
Laguionie infatti sembra fermamente determinato a creare il meno possibile e il suo design minimale, volutamente naif, sembra incapace di generare immagini che parlino al di là dell’onnipresente voce fuoricampo. Cavalca ciò che è stato creato prima di lui (quell’immaginario di certo non gli appartiene ma semmai gli preesiste) per un’ennesima vorticosa avventura nel buonismo esasperato.
Se è apprezzabile il tentativo di lavorare di fino e giocare tutto su toni e tratti essenziali, molto meno lo è la riuscita, che risulta insipida e mai davvero capace di arrivare a quelle vette cui il film ambisce. Il territorio che sta tra la celebrazione e la rassegnazione, il tono autunnale che flirta con l’idea non detta della morte scacciandola con una vitalità sommessa e ancora il sottile disprezzo per il resto del mondo, sono solo accenni che non diventano mai atto. Se una scena come quella del cielo d’inverno plumbeo e minaccioso fosse risultata in qualcosa invece di essere l’ennesimo passaggio di un tempo autocommiserevole si sarebbe potuto parlare di un desiderio di fare, ma Le stagioni di Louise si limita ad accennare a fare.
Ancora più deludente è poi la parte che riguarda i ricordi, inizialmente promettenti ma sempre di più ripetitivi e incapaci di ingaggiare un rapporto fruttuoso con il presente.
Nondimeno Le stagioni di Louise è così indefessamente tenero, delicato e soffuso, che non potrà non piacere al proprio pubblico di riferimento.
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