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11.12.19

Che Fine Ha Fatto Bernadette (What Happened To Bernadette?, 2019)
di Richard Linklater

Fin dall’inizio non è chiaro come mai questa storia dovrebbe valere Richard Linklater.
Non è chiaro perché cioè la trama di una donna scontrosa con tutti tranne che con i familiari in un contesto altissimo borghese dovrebbe essere buono per lui. Non che sia un problema. Almeno all’inizio. Lo è semmai più il film avanza, quando sempre meno sembra una storia per lui. A questa donna crolla il mondo addosso quando si scopre che l’assistente personale via remoto cui si era affidata era una truffatrice che stava per rubare tutti i soldi della carta di credito di famiglia. A quel punto anche il marito le si rivolta contro e la accusa di essere esaurita, le mette accanto una terapeuta e intende partire con la figlia per il viaggio in cui era prevista anche lei.

Linklater è bravissimo con i legami stretti e la maniera in cui questi giorno per giorno teneramente cambino, evolvano, si muovano ed emergano nelle interazioni più basilari. Questo invece è un film a toni forti, fatto di scene clamorose e scoperte commoventi che non lo sono per niente. Perché poi Bernadette scapperà in Antartico e tutti correranno a cercarla mentre lei ritrova se stessa e la sua arte.

Il dramma è che Che Fine Ha Fatto Bernadette? ci mette tantissimo ad entrare nel vivo, davvero più di quanto sia lecito ad attendere, e pure quando lo fa si rivela essere un film che nemmeno Disney Channel avrebbe potuto escogitare. Dietro la coperta fornita dai dialoghi di Linklater, dietro la sua cura per la recitazione e la capacità di creare interazioni significative tra persone che provano sentimenti gli uni per gli altri, si nasconde un filmetto senza idee, con morali e svolte da 4 soldi. Ancora peggio: con obiettivi consolatori da 4 soldi. Ci siamo abituati, nessuno si scandalizza, ma perché Linklater?

Perché condannare lui (e noi) a dirigere scene in cui un padre pentito di fronte alla figlia confessa la sua incapacità con la moglie dicendo: "So insegnare ai robot le cose di cui le persone hanno bisogno ma non sono riuscito a capire tua madre"?
Non è certo un film sulla depressione questo, non è un film su una malattia mentale, è un film che sfiora temi tosti senza avvicinarcisi, non è un film su una famiglia in crisi (perché in realtà si sbagliavano tutti) e semmai vorrebbe tangenzialmente parlare dell’empasse creativa e della fatica che una mente d’artista fa se non può creare. Ma davvero non è accettabile in questa forma.

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...ma sono vivo e non ho più paura! by Gabriele Niola is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Unported License.