C’è qualcosa di vicino al romanzo di formazione (o anti formazione) ottocentesco in Il Cardellino, almeno nella parte che racconta la vita del protagonista subito dopo l’incidente a cui scampa ma in cui muore sua madre. Come un Oliver Twist nato nei quartieri alti di New York viene esposto dalle disavventure della vita al peggio dell’umanità. Non sarà il peggio della classe popolare ma il peggio della classe agiata o medio borghese, eppure non cambia molto. È un mondo terribile quello di Il Cardellino anche se è fotografato con grazia, narrato con delicatezza, recitato con temperanza.
Messo in scena dall’autore di Brooklyn, il romanzo di Donna Tartt diventa un elegante viaggio in una vita il cui percorso ordinario è stato interrotto da un evento traumatico che l’ha fatta schizzare come una scheggia impazzita ovunque, rimbalzando tra diversi stati americani, amici, parenti e figure paterne sostitute. Per raccontarlo il film imbastisce un paio di linee narrative sovrapposte: una racconta il protagonista da piccolo e una il presente. Questa gestione è il problema principale del film che invece trova un po’ di abbrivio non appena si concentra su una linea in particolare e la sviluppa.
In una specie di campionario di individui danneggiati il protagonista corre con la sbrigatività riassuntiva tipica dei film che adattano grossi romanzi tra un evento e l’altro, un errore e un trauma come Ulisse, senza poter mai trovare la strada di una possibile casa.
Solo nel finale infatti iniziamo a capire che questa è la storia degli oggetti e della relazione che hanno con noi, di come vengano caricati di significati soggettivi e come ne possiedano di oggettivi, maturati nella loro storia. Il quadro del cardellino al centro di tutto è, come molti oggetti, tutto ciò che rimane di un mondo quando questo muore per lasciare posto ad un altro, ciò che rimane delle persone dopo che sono morte, ciò che rimane del passato e che sopravviverà al nostro presente. È ciò che avviene nell’esplosione iniziale, la fine di un mondo e l’inizio di un altro per chi sopravvive e per gli oggetti rimasti incolumi.
Di tutto questo veniamo messi a conoscenza in un finale che cerca di racimolare quanto di buono fatto in precedenza, di raccontare necessariamente in fretta auspicando che ciò che abbiamo visto sia sufficiente per caricare di senso la storia. Non lo è sempre ma è anche vero che lungo le sue due ore e mezza Il Cardellino riesce ad acchiappare e coinvolgere in una storia eccezionale e in fondo anche ordinaria.
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1 commento:
Questo devo vederlo.
Immagino possa sembrare un po' dispersiva l'alternanza tra passato e presente, comunque se tutto scorre bene (e pure con delicatezza) nelle due ore di film, è già qualcosa di positivo.
Moz-
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