Per 13€ Journey offre un’esperienza di gioco di circa due ore (acquistabile solo dal Playstation Network), una delle più incredibili opere di decostruzione di quanto la videoludica abbia consolidato nei suoi decenni di esistenza.
Al contrario dei precedenti Flow e Flower, Journey è radicale e militante, non propone solo uno scenario e un’idea di videogioco diversi dal resto ma conduce il giocatore verso di essa, di fatto facendolo arrivare gradualmente all’idea che il sistema vittoria/sconfitta, il punteggio, gli scontri e tutte le convezioni videoludiche non sono indispensabili e che i videogiochi possono essere altro, pur rimanendo se stessi.
Innanzitutto stavolta c’è una trama, o almeno qualcosa che gli somigli. Senza l’uso di parole lungo il gioco viene illustrato un mondo in rovina e una magia che riempie e “attiva” diverse zone (componente non dissimile da Flower). Non è mai ben chiaro come mai il protagonista viaggi verso la montagna che, con un solo movimento di macchina all’inizio è identificata come "l’obiettivo", ma diverse cut scene nel gioco mostrano geroglifici e entità superiori, preghiere e vessilli con caratteri incomprensibili. Insomma c’è poca chiarezza e molta suggestione ma si intuisce una mitologia dietro lo scenario. E funziona.
Il viaggio verso la montagna, rispetto all’errare di fiore in fiore di Flower, acquista una dimensione mitica, un che di impellente e importante.
Il gameplay è quello che ci si aspettava: essenziale e spartano. Nel gioco si comanda un piccolo essere, si può camminare in tutte le direzioni con il control stick sinistro mentre il punto di vista si manovra con quello destro o oscillando il controller (anche se esiste un sistema che ottimizza la visuale di momento in momento). Con X si esegue un piccolo volo (solo in certi momenti) e con O si emette un suono e relativo bagliore, è come un segnale acustico e visivo insieme utile ad “attivare” alcune zone ma anche l’unico mezzo di comunicazione con l’altro.
Journey è infatti pensato per essere giocato in coppia.
Il sistema ogni volta abbina casualmente due giocatori (non di più) e nel caso uno dei due si sconnetta o passi ad una fase successiva di gioco con largo anticipo rispetto all’altro, un partner nuovo viene assegnato. Si tratta sempre di giocatori reali e mai di intelligenze artificiali, la cosa è evidente subito e per certi versi impressionante. Siamo tutti abituati al multiplayer e a giocare con altre persone, eppure una delle magie di ThatGameCompany è aver reso umani i personaggi sottraendo invece che aumentando in raffinatezza. Spesso le controparti o gli alleati umani di Call Of Duty si comportano come una complessa intelligenza artificiale o comunque le nostre interazioni con essi sono talmente rapide, episodiche e incanalate da farli apparire come tali (in un’impensabile test di Turing non sarebbe scontato capire chi è reale e chi no), qui invece l’idea di “vagare” per i deserti e di farlo in due mette in risalto l’umanità dell’altra parte. Perchè si sta sempre vicini e ci si impara a conoscere.
Sia chiaro: non si è obbligati a giocare in coppia, si può sempre procedere da soli e non curarsi del compagno, la cosa non è importante nè influisce sul procedere del gioco, come quasi nulla in Journey del resto, perchè è un gioco sull’esperienza del viaggio e non sulla conquista di qualcosa.
Il consiglio è di tentare di stabilire un legame con l’altro non appena lo si intravede (cosa che per certi versi è una scoperta emozionante). Molta della forza di Journey sta in come viaggiando in coppia lentamente vengano distrutti tutti i preconcetti con cui il giocatore parte.
Da che l’istinto videoludico è quello di arrivare per primo agli obiettivi intermedi, di correre o comunque ingaggiare una rivalità, lentamente il gioco palesa come sia tutto inutile, se non futile, e contemporaneamente lascia emergere un senso di comunione con l’altro che non è comune.
Non si saprà mai chi stia dall’altra parte (sia un otaku, un ciccione tedesco, un derelitto britannico o un anziano) ma si stabilisce immediatamente un sistema di mutua comunicazione basata su atteggiamenti, modi di camminare, e l’uso dell’impulso visivo/sonoro.
Elementi sapientemente maneggiati e rubati al linguaggio audiovisivo come il cappotto che sventola e si riempie di neve, camminare controvento coprendosi il volto o volare liberi nel cielo, conferiscono al gioco una dimensione epica enfatizzata da riprese ampie, in cui il piccolo protagonista è sempre più tale a confronto di un ambiente vasto, eppure sono i movimenti terribilmente umani della controparte, il suo attardarsi in caso vi siate persi, il suo cercare compagnia nei momenti più terribili e disperati, o ancora il contrattare (senza parlare, solo con i movimenti) un possibile percorso quando ci si perde, che danno al viaggio di Journey un valore umano profondo.
Con Flower ThatGameCompany affermò di aver voluto semplicemente fare un gioco che scatenasse sensazioni piacevoli, rigettando qualsiasi “regola” scritta dei videogiochi. Con Journey ne abbracciano sicuramente qualcuna in più ma realizzano una delle opere più piacevolemente e romanticamente sovversive mai viste. Journey è un grido contro l’inguaribile sensazione di solitudine umana, un'opera d'arte videoludica militante e aggressiva nella sua calma olimpica.
7 commenti:
Capolavoro.
Come già mi era successo con ICO anche qui resta il rammarico che un esperienza simile sia fruibile da ancora troppe poche persone (la PS3 accanto al Tv del salotto è ancora troppo "hardcore gamer" )
Quando l'accesso a questi tipi di prodotti si semplificherà ( e crescerà in offerta ) sarà interessante vedere se di sera le gente preferirà guardare film o abbandonarsi a viaggi di questo tipo.
Carlo
non credo saranno mai veramente mainstream
Non mi funziona il link all'articolo completo.
mledetto blogger.......
rimesso a posto
Questo titolo mi aveva subito attirato per l'aspetto. Letta la recensione ho capito che è una perla da giocare...
Appena esce il gioco del Team ICO dovrò comprare una PS3...
Comunque volevo dirti che hai un qualche componente sulla pagina (penso un widget) che fa caricare il blog in 20-30 secondi.
Il browser rimane in attesa di contenuti da ww2.pathawks.com per un'eternità...
Era qualcosa relativo a Facebook. Ora l'ho disabilitato. Non ricordo a cosa servisse ma non noto cambi...
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