Doveva essere il nuovo Twilight ma è molto di più, in tutti i sensi. Hunger Games ha in comune con la saga dei vampiri dal cuore tenero un target e una metafora, il fatto cioè di parlare ai "giovani adulti" delle tematiche relative all'adolescenza con la giusta mescolanza di ingenuità e romanticismo sofferto, attraverso una storia dalle metafore forti e chiare. Fortunatamente i punti in comune si fermano qui e nel film (e nei libri) di Hunger Games non si ritrova la noia e l'atteggiamento tendente al conservativo delle storie di Stephenie Meyer, anzi c'è tutta l'attitudine sovversiva di Battle Royale.
Si racconta di adolescenti in un futuro distopico, costretti da un reality televisivo promosso dal governo totalitario ad uccidersi a vicenda, l'ultimo rimasto vince provviste per il proprio distretto. Chi conosce romanzo, fumetto o film di Battle Royale già lo sa che Hunger Games è una variazione su quel tema ma oltre alla storia giapponese, ci sono anche i giochi di massa in diretta tv di Death Game e Rollerball (più il secondo) e i costumi di Brazil. C'è molto insomma ma nulla è eccessivamente saccheggiato.
Hunger Games riesce infatti a fare la miglior mescolanza possibile di tante buone istanze, proponendo una messa in scena piena di scelte, l'esatto contrario dei Twilight cinematografici, capaci di rappresentare ogni momento alla stessa (piatta) maniera, dimenticando che quando tutto è intenso allora nulla lo è.
Cosa rara per questo tipo di film, nella messa in scena di Gary Ross (bravissimo e sottovalutato scrittore di Big e Le avventure del topino Despereaux) la parte romantica lo è sul serio, quella drammatica pure e quelle di tensione anche. In sostanza ogni cosa funziona come dovrebbe, caratterizzando Hunger Games come uno dei pochi esempi di cosa debba essere un prodotto per giovani adulti fatto a regola d'arte.
Lavorando sugli interpreti e sulle molte possibili variazioni di un eterno sguardo sofferente di Jennifer Lawrence, Ross riesce ad aggregare tanti momenti di ottimo intrattenimento con una grande idea in comune. Quella di protagonisti incastrati in un sistema che li agisce e nel quale si sentono soffocati, a cui si vogliono ribellare ma che non possono sovvertire e nelle cui pieghe cercano di condurre una vita sentimentale, nonostante l'architettura che la società prevede per loro li impegni nella competizione forzata.
Dunque senza dimenticare la propria missione primaria, Hunger Games fa il lavoro del cinema di fantascienza distopico: mostra la ribellione disperata di protagonisti in lotta contro un sistema più grande di loro che ne schiaccia lo spirito e ne sminuisce l'umanità.
Nel fare questo, anche più che in Battle Royale, l'analogia con le dinamiche scolastiche è forte. I bulli che uccidono con sadismo e paiono immortali, si muovono con uno stuolo di servi sciocchi che gli vanno appresso ignari del fatto che alla fine saranno uccisi, gli emarginati che tentano di sopravvivere attraverso le doti personali e la controcultura di chi ha di più da dire lavora nell'ombra per costruire un'opposizione al conformismo.
Se Twilight finge di ribellarsi ai genitori per poi diventare come loro, Hunger Games mostra dei genitori che, ciechi di fronte all'esistenza di un mondo interiore dei figli, li costringono ad uccidersi e questi ultimi che con gli strumenti che hanno fanno resistenza ad oltranza.
Nessun commento:
Posta un commento