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4.9.12

La nave dolce (2012)
di Daniele Vicari

GIORNATE DEGLI AUTORI
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2012
PUBBLICATO SU 

Provare a leggere e poi raccontare la storia recente è un'operazione difficilissima che presta il fianco a moltissimi vizi del documentarismo e della parzialità politica. Invece con La nave dolce e prima ancora con Diaz, Daniele Vicari prova a parlare del quasi presente con la chiave di lettura della guerra interna, ovvero studiando e raccontando quegli eventi che hanno visto una frattura tra cittadini e governo, alla luce di un'idea di stato controllore. Dunque raccontare partendo da una tesi, ma dichiarandola come una visione più generale dell'andamento di un paese.

L'incredibile storia della nave Vlora che partì da Durazzo per arrivare a Bari nel 1991, piena come non mai, dalla poppa alla prua fino alla cima dei pennoni, e del più grande respingimento di massa della storia del nostro paese, è ricostruita da albanesi che ora vivono in Italia, alcuni a seguito di quell'ondata, altri respinti e poi rientrati. L'immagine che ne esce è prima quella, incredibile, dell'Albania dell'epoca, mostrata in immagini di repertorio che per bianco e nero, tecnologia e riprese la fanno sembrare la Russia degli anni '20, e poi quella della più impreparata e impossibile delle accoglienze a metà tra morbidezza dei locali e durezza del governo.

Vicari racconta cronologicamente il viaggio e poi la permanenza nello stadio, con la partecipazione ruffiana del caso ma anche con una ricerca sul sonoro che fa il paio con quella di Diaz. Oltre alle immagini di repertorio, le interviste ai protagonisti sono spesso accompagnate da vaghi rumori di ciò che raccontano. Lo sciabordio delle acque come i rumori dei tumulti. Tutto artificio, tutta finzione che contamina il racconto reale e contribuisce a creare una "messa in scena" che si allontana dal documentario per dargli una prospettiva narrativa da film. Il massimo del reale (cioè i ricordi) raccontato come fosse il massimo del finzionale.

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