CONCORSO
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2012
"Negli anni '60 sì che eravamo idealisti!" è da molti anni l'idea di fondo del cinema Redford e The company you keep non fa eccezione. Anche se il suo protagonista, che "30 anni prima era stato attivista", agisce ai giorni nostri (quindi quelle foto in bianco e nero di lui che manifesta con barbone e basettoni sono degli anni '80?!?).
Ma incongruenze a parte anche stavolta Robert Redford vuole raccontare di ideali messi alla prova, di coerenza e pervicacia e soprattutto vuole far agire personaggi dalla statura morale incrollabile. Lo è il suo, lo sono molti dei suoi sodali e lo è il giornalista d'inchiesta di Shia LaBouef.
Per arrivare a parlare di come gli ideali debbano incontrare le contingenze di una vita e come il passare del tempo non necessariamente debba ucciderli, il film imbastisce una trama thriller molto canonica: un uomo accusato d'omicidio (per questioni politiche relative al gruppo, reale, Weathermen) che per 30 anni ha vissuto con un'altra identità viene scoperto e comincia a scappare per dimostrare la propria innocenza.
C'è tuttavia una forma malsana di moralismo negli ideali di ferro di Redford. Nel reporter che quando gli viene detto "Questo è off the records" spegne il registratore senza discutere e negli intervistati che, rischiando la carriera, si fidano ciecamente della cosa è compresa un'aspirazione al rigore che diventa maniera al limite del fantastico. Nel mondo di Redford le cose non vanno sempre come dovrebbero ma se capita comunque avviene senza compromettere la statura morale e l'incrollabilità dei personaggi. E se questo ha un suo fascino indubbio è anche vero che mal si presta al cinema di genere che di suo si ciba dei grigi, delle doppie morali e delle aberrazioni umane.
2 commenti:
il grosso errore di sceneggiaturaa ( 40 anni e non 30!)si fa perdonare: l'atmosfera, la riflessione sul passato, quel quid di malinconico che nei thrller non guasta...tutto mi ha conquistato
Si ma io devo dire che invece proprio l'intreccio non mi ha preso
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