Raramente capita di fare interviste interessanti, in cui l'intervistato è disponibile, loquace e in grado di esprimere concetti interessanti. Quelle rare volte che capita vale la pena riportarle per intero.
Arriva, si siede, poggia il suo Fedora sul tavolo e chiede se può accendersi la pipa. Spesso i registi assomigliano ai film che fanno, alla stessa maniera con la quale i padroni di cani alle bestie che possiedono. Jacques Audiard sembra uscito da un film di Jacques Audiard.
Figlio d’arte (il padre ha scritto metà del miglior cinema francese) e ottimo scrittore prima che regista, forse è uno dei più grandi cineasti in attività, di certo uno dei più sottovalutati. Un sapore di ruggine e ossa è il suo sesto capolavoro.
Da dove viene Un sapore di ruggine ed ossa?
Da una raccolta di racconti di Craig Davidson intitolata “Rust and bones”, sono storie che parlano della barbarie dopo la crisi, individui sprovvisti di tutto che hanno solo il corpo come merce di scambio gli uni con gli altri e questo ovviamente si lega alla nascita di un amore e alla loro capacità di amarsi.
Certo detto così è molto semplice ma questa è proprio la difficoltà di adattare questi racconti, riuscire ad arrivare a questa semplicità da “boy meets girl”.
Siamo però lontani dalla brutalità di Il profeta?
Si quel film era un caso particolare, ma anche questo in un certo senso lo è. E’ vero che è più delicato ma la vera novità, almeno per me, è stato lavorare con un attrice su di un corpo femminile, avevo davvero la voglia di filmare un volto o un corpo di donna nell’universo di Davidson.
Non era capitato già in Sulle mie labbra?
E’ vero che nel mio cinema ci sono spesso personaggi cui manca qualcosa, eppure il parallelo con Sulle mie labbra io l’ho notato solo in sala di montaggio. E quando l’ho accennato alla mia montatrice lei mi ha risposto: “Ma sei cretino o cosa?? E’ evidente!”.
Aveva da subito in mente Marion Cotillard?
No. In realtà quando scrivo non penso agli attori che interpreteranno i ruoli, lo faccio solo quando finisco di scrivere. Non conoscevo molto il lavoro di Marion, ma di certo ci sono 2-3 momenti di La vie en rose che mi erano rimasti impressi e avevo creato in me l’interesse a lavorare con lei. Trovo sia un’attrice con un melange straordinario di virilità e femminilità. Quando la vedo recitare ha qualcosa che richiama le grandi attrici del cinema muto nella sua espressività.
Per questa ragione voleva lei per il ruolo di una donna mutilata che perde le gambe?
Quello della mutilazione e quindi della perdita effettiva e concreta di qualcosa nel corpo è un po’ un’espediente di scrittura. Era presente in uno dei racconti di Davidson ma era un uomo a subirlo e perdeva solo una gamba. Tuttavia in quest’idea ci ho visto immediatamente anche un forte valore erotico. Sapevo che quel corpo con quella mutilazione aveva una carica fortissima che sarebbe passata sullo schermo.
C'è un momento nel film in cui Marion Cotillard, ormai priva delle gambe, è sdraiata su Matthias Schoenaerts. I due sono nudi, non succede molto eppure sembra che tu abbia fatto tutto il film solo per poter girare quella scena di un corpo mutilato adagiato su uno potente...
Sono assolutamente d'accordo. Tutto è stato fatto per quella scena, è il vero punto di svolta del film. Nella sceneggiatura c'era scritto che lei è sopra di lui "come una sirena sdraiata su una roccia" e l'unica cosa di cui ero certo della scena era che lei doveva essere tatuata.
Il tatuaggio è stata la prima cosa che ho immaginato, non sapevo nemmeno che tatuaggio fosse ma sapevo che ne doveva avere uno sulle gambe e che questo avrebbe funzionato.
Perchè è così importante?
Perchè è il simbolo più evidente di come a quel punto lei abbia preso coscienza della carica erotica del proprio corpo senza gambe. Tatuarle significa non solo riconoscerle come proprie ma anche renderle femminili.
Perchè prendere ispirazione da una raccolta se poi la si deve cambiare così tanto?
Abbiamo cambiato molto i personaggi ma lasciato intatto l'ambiente. Ad esempio in un racconto c'è un addestratore di Marineland, ma è un uomo e perde una sola gamba. Non erano davvero questi dettagli ad interessarmi quanto il mondo in cui i personaggi si muovono.
Non è la prima volta che adatti cambiando quasi tutto, è capitato anche con Tutti i battiti del mio cuore (ispirato a Rapsodia per un killer di James Toback) e ogni volta si ha l'impressione che tu ne sappia di più su quei personaggi anche dell'autore originale.
Non ditelo a loro! (ride) Adattare in fondo vuol dire partire dall'assunto che nell'opera originale manchi qualcosa e voler arrivare a rappresentarla. Io adoro Rapsodia per un killer ma nonostante questo sentivo che c'era qualcosa che mancava e lo rendeva un film non riuscito fino in fondo. Quello è stato il punto di partenza.
Anche Davidson, dopo aver visto il film al festival di Toronto ha detto che il film gli sembra la novella che manca al suo libro.
Questa volta però nello sceneggiare sembra che tu abbia prediletto il lavoro di messa in scena a quello di scrittura.
Si in effetti quando lavoravo con il cosceneggiatore immaginavamo un film scritto che non sembrasse tale (il contrario di Sulle mie labbra, per dire). Volevo che il film desse l'impressione di non essere sceneggiato. È una questione di ritmo. Devi chiederti come riprendere le scene, se in maniera realistica o stilizzata, devi dare l'idea che non ci siano raccordi o punti di giunzione ma che tutto scorra con l'imprevedibilità e la mancanza di struttura della vita.
6 commenti:
Che colpo!
Ma è così breve perchè lui poi è scappato via?
Complimenti per la qualità delle domande, Mr GParker
E' così breve perchè purtroppo era tutto in francese quindi ci vuole il doppio del tempo. Fai domanda e poi l'interprete traduce. Lui parla, poi l'interprete ripete tutto.
E' davvero così francese quell'uomo, da non fare l'intervista in inglese???
A me sembra assurdo
Secondo me funziona più che lui arriva in Italia e l'ufficio stampa italiano gli fa trovare l'interprete per il francese (che è logico) a quel punto lui,che pure è francese, parla in francese.
Che mito. Visto per caso ieri il profeta (che ci vuoi fare se sono sempre sul pezzo!). Certo che un film brutto non gli riesce nemmeno per sbaglio.
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