Chi ha visto In Bruges non se l'è più dimenticato. Il primo lungometraggio di Martin McDonagh, benchè fosse una produzione di nicchia (nonostante Colin Farrell, Ralph Fiennes e Brendan Gleeson), si è imposto all'attenzione di tutti per la maniera particolare con la quale raccontava un universo tragicomico, in cui tragedia e commedia convivono negli stessi istanti, continuamente.
Scrittore e regista, McDonagh sembra più il primo che il secondo, proprio per questa capacità di inventare script dalla mescolanza precisa, che senza la facile scappatoia del grottesco (l'artificio che muta sempre in comico il tragico), cercano di riportare la comicità alla sua più nobile missione, grazie alla collaborazione con il tragico: interpretare il mondo.
Anche 7 psicopatici è su questa linea ma va ancora più avanti con le intenzioni nel momento in cui si prefigge di mescolare anche realtà e finzione. Come spesso accade alle storie di sceneggiatori che stanno scrivendo un film, anche in questa la trama in lavorazione anticipa o segue quella che realmente accade al protagonista. 7 psicopatici è il titolo dello script cui lavora Colin Farrell e sempre di più quel che ha scritto diventa realtà e quel che gli accade è pronto per andare a finire nella sceneggiatura.
In questo turbine di opposizioni logiche e di contrari (vero/finto, comico/tragico, leggero/pesante) si perde l'orientamento dopo poco (basti dire che i 7 psicopatici sono presentati uno dopo l'altro nel corso del film ma alcuni sono veri e altri stanno nella sceneggiatura del protagonista) e il film diventa, come già In Bruges, la peregrinazione di un disperato in un luogo ameno, cioè il deserto.
Nonostante quindi 7 psicopatici alla fine non abbia la forza, la chiarezza d'intenti e la determinazione di In Bruges, pur mantenendo una visione di mondo e una volontà di mostrare e raccontare storie e personaggi in maniera inedita, rimane indubitabilmente uno dei migliori film della stagione. Perchè anche al netto dei suoi difetti lo stesso, e ancora una volta, Martin McDonagh riesce nel corso del film e con un crescendo di sorprese spiazzanti, a portare ogni singolo spettatore in una zona di se stesso mai esplorata. E' quella parte che per l'appunto mescola il massimo dell'empatia e della pietà con il massimo del disprezzo ridicolo e del distacco umoristico, una combinazione di sensazioni particolare e stimolante, capace di generare idee, pensieri e consapevolezze nuove. Una vera opera d'arte.
7 commenti:
In Bruges era ottimo come idea e come la portava avanti inizialmente, ma andando avanti ti trovavi ad anticipare tutto ciò che succedeva come se te lo avessero raccontato prima. Il finale poi era abbastanza deludente. Questi difetti erano il limite del film che ti lasciava un po' l'amaro in boocca dopo la visione, per l'occasione sprecata.
Speriamo questo si comporta meglio nel finale?
qui è diverso perchè essendoci una sceneggiatura che è la falsariga di quel che accade nel film il finale è annunciato. Quando i personaggi dicono come va a finire la sceneggiatura che hanno scritto tu capisci che sarà anche il finale del film. Ma il bello sta proprio in come ci arrivino.
Allora da vedere.
P.s.: ma i podcast della radio???
trasmissione sospesa per il festival di roma, domani si ricomincia
Non vedo l'ora.
Occhio che quì di psicopatici che aspettano il tuo podcast ce ne sono molti più di sette... ;)
Prontamente messo online per il terrore degli psicopatici
Ottimo: adesso aspettiamo il prossimo con psicopatica impazienza... ;)
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