Red Lights è costruito così bene nel suo lunghissimo crescendo verso un finale che necessariamente, lo capiamo dall'inizio, sarà a sorpresa, che poi quando questa sorpresa delude si è tentati di rivedere tutto il film sotto quella luce e giudicarlo ingiustamente come una gigantesca bufala.
In realtà la storia dei due smaschera-medium e di uno dei medium più potenti, noti e mai smascherati del mondo è quella classica di fede e ragione, di opposizione logica all'ignoranza, superstizionismo e più in generale ad un senso di paura e terrore su cui il medium cieco (che afferma di aver causato anche delle morti) gioca molto. E per quanto il triplo salto mortale ideato per chiudere il film sia, più che audace, un po' troppo spinto per soddisfare, specie dopo tutta quell'attesa, lo stesso rimane una costruzione della suspense per nulla campata in aria.
Il motivo per cui un simile copione sia stato affidato a Rodrigo Cortés è il successo (di nicchia) di quel piccolo capolavoro di virtuosismo filmico che è Buried, film di un paio di anni fa tutto ambientato in una bara sottoterra con Ryan Reynolds. Di quel film la produzione ha voluto replicare la lunga tensione tenuta per tutto il film e in un certo senso la sensazione di impotenza dei protagonisti.
Cortés quindi costruisce un piccolo mondo di lotte tra medium e smascheratori, monta il carisma di un personaggio interpretato (per una volta senza la solita svogliatezza) da Robert De Niro così da dargli la statura epica necessaria a rendere credibile il fatto che sia dotato di poter paranormali e stringe il suo protagonista sempre di più in una gabbia di insicurezza e paura. Fa insomma il prestigiatore, agita degli specchietti in scena mentre, senza farsi vedere, crea una coltre di tensione con elementi che saranno poi utili al grande svelamento finale.
Per questo, alla fine, nonostante la cocente delusione gli si perdona lo stesso una chiusa deludente, perchè un film non è solo i suoi ultimi 5 minuti.
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