FUORI CONCORSO
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Più che un documentario su Fellini una specie di ricostruzione partecipata, mettere in scena non solo Fellini ma parte del suo mondo (i teatri di posa in primis) in un racconto che è fatto dal regista stesso, cioè da Scola. Fellini per come lo conosceva, attraverso i punti in comune che i due avevano, i luoghi che hanno frequentato, il modo in cui si sono conosciuti e ciò che hanno potuto fare insieme.
Il regista di Rimini è interpretato da un attore giovane per le parti degli anni '40 e da uno che non vediamo in volto per quelle anni '70, spesso parla con la vera voce di Fellini presa da interviste, altre volte vediamo qualche cosa di repertorio (ma poco), più spesso è raccontato dai ricordi di Scola.
L'intento ovviamente è non solo raccontare con affetto l'uomo Fellini (il bugiardo, il vanesio, il vigliacco) ma anche tutto un cinema di quegli anni formatosi al Marc'Aurelio. La parte più lunga ed esaustiva del film infatti pare quella degli anni in cui scriveva sul settimanale satirico o per spettacoli di rivista o ancora come ghost-writer per altri. Gli anni di una formazione sotto il fascismo e poi fatta di un umorismo semplice e della messa a punto di quell'universo umano già presente nei suoi disegni.
La parte più sgradevole invece è quella relativa a Scola stesso. Non solo il film non è messo in scena come è scritto, ma molto molto peggio, in certi punti sembra anche voler mettere sotto il riflettore quanto Ettore Scola sia stato simile a Fellini, quanto anch'egli sia stato parte di quel brodo culturale e quanto, molti dei meriti, dei pregi e delle lodi che solitamente si rivolgano a Fellini siano valide anche per lui.
Nel fare il confronto tra il suo modo di procedere e quello del regista celebrato, nel trovare punti di contatto, attori in comune, discorsi tra i due Scola traccia insomma un parallelo diretto che dovrebbe essere l'ultimo a fare.
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