E' una sorpresa vera questo documentario di Gianni Amelio nato per raccontare l'omofobia istituzionalizzata tra media e società negli anni seguenti al fascismo fino ai '70 e arrivato a risultati molto maggiori.
Felice chi è diverso tiene fede al suo titolo e in opposizione ad una gran mole di materiale di repertorio (scritto e audiovisivo) mostra un mondo omosessuale con una varietà e una passione nel cercare i mille differenti approcci e i mille modi di vivere una medesima condizione (tanti sono i "riti di passaggi" comuni) come non avevamo mai visto.
Per farlo Amelio intervista 20 anziani omosessuali, pochi dei quali sono nomi noti, molti ignoti, tutti differenti non tanto nella storia personale (che non è difficile da intuire) quanto nelle idee e nel modo di vedere se stessi e il rapporto della società con l'omosessualità ieri e oggi.
Si scopre che non tutti preferiscono questi anni di maggiore tolleranza, si scopre cosa a loro dire abbiamo perso mentre trovavamo un'accettazione più diffusa dell'amore per lo stesso sesso e quanto abbiamo sacrificato delle singole individualità per arrivare ad una versione socialmente accettabile di omosessualità. Tutto esemplificato dall'aggettivo "gay", simbolo di una maniera non più denigratoria di identificare gli omosessuali (molto si dilunga il film negli epiteti ripugnanti del passato da "invertiti" ai più regionali) ma anche termine ripudiato da alcuni (tra i quali c'è anche il regista, come ha dichiarato nelle interviste successive alla presentazione) per come ha ridotto ad un'unica condizione e ad una percezione univoca un fenomeno che, lo mostra il documentario stesso, è vario e inafferrabile.
E' geniale che ci sia un'intuizione lessicale dietro questo film di immagini e di media, che attraverso il repertorio mostra una maniera di dipingere gli omosessuali sconosciuta a chi non ha vissuto quegli anni (è facile immaginare che fossero sempre macchiette esagerate ma meno noto che fossero oggetto di reportage investigativi dal dubbio senso o liberamente canzonati dai notiziari con interviste in rima) e che poi attraverso quelle girate oggi mette in scena l'esatto opposto della suddetta prospettiva, ovvero la varietà.
Non era semplice affrontare l'argomento e ancora più facile cadere in una (inevitabile) condanna di quanto accaduto in passato, che tuttavia da sola sarebbe stata a livello di una buona ricostruzione televisiva. Amelio arriva invece a fare del gran cinema perchè gioca con le immagini e il loro rapporto per dire qualcosa che non è espresso a parole ed è superiore alla somma delle singole intenzioni.
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