A voler essere dietrologi si potrebbe dire che i molti problemi di Mood indigo - La schiuma dei giorni, sono venuti da qui. Lo dice lo stesso Gondry a metà documentario, distrutto da un'impresa superiore alle sue forze (animare da solo 90 minuti di conversazione), che questo film realizzato in questa maniera sta influendo gravemente sul prossimo che deve fare. La cattiva notizia è che non è servito a nulla, poichè purtroppo non è venuto bene nemmeno questo qui.
L'idea era registrare in audio e video 3-4 sessioni di conversazione con Noam Chomsky, forse il più noto e importante pensatore vivente, sociolinguista di fama internazionale e poi attivista, opinionista e via dicendo... Gondry dichiara una venerazione per Chomsky (assieme al fatto di averlo scoperto recentemente) non a caso molto di queste conversazioni risente di tale sudditanza e del fatto che il regista non è un bravo intervistatore. Michel Gondry infatti non ordina i discorsi, non riesce ad indirizzare la conversazione sui binari migliori e alla fine non argina l'intellettualismo di Chomsky dentro i confini di un documentario comprensibile.
Is the man who is tall happy? non è un film complesso, non si dicono cose incomprensibili ma la sua densità è spesso difficile da sostenere. Chomsky è chiaro ma ha un approccio giustamente articolato che richiede molto impegno. Per circa 90 minuti.
Ad alleggerire dovrebbe pensarci l'animazione, una sorta di delirio gondriesco che dà l'impressione di essere la rappresentazione del flusso di immagini che passa nella sua testa mentre ascolta Chomsky parlare. Idea e realizzazione affascinante (come sempre) ma stavolta più in teoria che nella pratica o meglio più nei primi minuti che fino alla fine.
Si perdono insomma molte occasioni da quest'incontro che pareva promettente, la più grossa delle quali probabilmente riguarda Michel Gondry stesso. Lui, uno degli autori che più di tutti ha un linguaggio audiovisivo personale e riconoscibile, che mette in scena le sue storie o quelle altrui, passando per meccanismi d'enunciazione completamente diversi da quelli degli altri, doveva essere colui che più di tutti poteva stabilire un contatto tra la sua arte e il pensiero di Chomsky (che ha sempre lavorato sulla maniera nella quale il modo in cui parliamo e il funzionamento della lingua influiscono sul modo in cui pensiamo). E invece non è stato così.
Per tutto Is the man who is tall happy? Noam Chomsky parla a ruota libera, spesso ripetendo i medesimi concetti, altre volte fraintendendo le domande, alternando così passaggi interessanti ad altri meno. E più si avanza più non si comprende il punto o anche solo il vero senso di un documentario come questo.
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