L’intuizione che dà il via a tutto è quella di A bug’s life: raccontare un'avventura grande ed epica in un mondo minuscolo. L’immensità dei paesaggi e l'intensità dell'azione messe al servizio degli esseri più minuscoli. Nel film d’animazione di Helene Giraud e Thomas Szabo (la prima è figlia di Jean Giraud cioè Moebius) non ci sono vie di mezzo, solo l’immensamente grande e l’immensamente piccolo. Ovviamente dei due la maggior parte dell’attenzione va al secondo, il mondo dei protagonisti delle formiche, delle mosche e soprattutto di una coccinella che al suo primo volo in famiglia si perde e inizia il suo viaggio incredibile assieme ad una colonia di formiche braccate da un’altra colonia di formiche (ma rosse) che bramano il loro zucchero.
Le caratteristiche in comune con il cartone Pixar però si fermano davvero al contrasto di dimensioni perché Minuscule ha una messa in scena completamente diversa (veri luoghi, veri sfondi, vera natura filmati nei quali si muovono insetti digitali animati in computer grafica) e soprattutto sceglie di non avere dialoghi, al posto loro inventa un universo sonoro originale.
Se infatti un film più banale, pigro e timoroso avrebbe tirato i remi in barca e scelto di usare versi naturali o solo musiche (che pure qui ci sono e anch’esse molto altisonanti) Giraud e Szabo creano un mondo di suoni irreali. Gli animaletti comunicano a fischi, oppure fanno versi che sembrano uscire da un kazu o ancora hanno caratteristiche quasi umane (la fastidiosa risatina della piccola mosca è contagiosissima) e infine abitano una dimensione piena di rumori che in realtà provengono dal nostro mondo e sono attribuiti al loro. Insetti che volando producono il rombo di motori potenti o al contrario sfiatati e oggetti che cadono come esplosioni, tutto è piccolo ma sonoramente gigante perchè è dal contrasto fortissimo tra quel che si vede e quel che si sente che Minuscule trae la sua forza drammaturgica. Lavorando di sonoro i due autori riescono a far fare al loro film il salto da piccola curiosità a grande opera.
Se la storia è una parabola eroica abbastanza usuale (la piccola coccinella in una guerra molto più grande di sé, assieme ad improbabili alleati di una specie che non è la sua) sono invece appaganti elementi come l’esotismo del suo mondo che tratta gli anfratti raramente esplorati della natura come fossero un pianeta alieno, le diverse razze di insettini visti come alieni o una diatriba per il possesso di alcune zollette di zucchero dipinta come un conflitto devastante.
La stessa diatriba tra piccolo e grande anima anche il character design dei personaggi, in bilico tra tenerezza dei grandi occhi e fedeltà del corpo, tra fotorealismo e Disney. Tutto per dimostrare ancora una volta che nonostante il suo periodo d’oro tra gli anni ’90 e 2000 sia finito, lo stesso l’animazione a tratti sa ancora essere il cinema punto di riferimento, quello più sperimentale, audace e puro.
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