In un film di truffe come è Focus l'importante non è la plausibilità degli inganni o il realismo degli intrecci ma quanto si prendono sul serio gli autori, chi vogliono ingannare? Se stessi, il pubblico o nessuno?
Glenn Ficarra e John Requa, gli stessi di Colpo di fulmine - Il mago della truffa (tratto da una storia vera) e poi della commedia Crazy Stupid Love (ma hanno anche scritto Babbo Bastardo!), non vogliono prendere in giro nessuno. Non se stessi, illudendosi di aver girato chissà che perla intellettuale sul doppio, la mistificazione o l'inganno umano, e non gli spettatori, pretendendo che credano davvero che simili inganni siano possibili o che ci sia dello squallido realismo in questa storia patinata (l'errore principale di The Game di Fincher). Al contrario i due registi si siedono accanto agli spettatori per divertirsi con loro della storia che intendono raccontare.
Lo si capisce da una confezione particolarmente splendente che il mood è quello della grande commedia contaminata di intrecci divertenti più che arditi. Sebbene il genere del cinema di truffa (a partire dal modello aureo La stangata) si nutre da sempre di un setting sofisticato, grandi interni, ambienti opulenti, giri esclusivi e grandissimi polli da spennare in piani intricati, Ficarra e Requa trovano in Xavier Grobet (direttore della fotografia con cui già avevano collaborato ma solitamente poco sfruttato) una spalla un passo avanti alla media. Prende le mosse dai colori della serie Ocean ma va più in avanti, contamina le sue scene con momenti da commedia romantica e non si frena di fronte al setting da cartolina. Focus ha una dimensione visiva fantastica, non solo coerente con il genere, ma anche inventiva e raffinata. Da questo, a cascata, ne giova tutto il film.
Senza cercare l'intreccio mortale, la truffa e controtruffa continua (solo nel finale ci sono un paio di scatole cinesi, truffe che ne contengono altre, ma è il minimo sindacale davvero), Focus riesce ad essere abbastanza onesto con lo spettatore e raggirarlo il meno possibile, per lasciare che i raggirati siano solo le vittime della storia. Anche un audace colpo di scena conclusivo (in macchina) non suona come l'ennesimo inganno ma come un'esilarante agnizione. In compenso il film regala umorismo e sentimentalismo con molta più decisione del solito. Senza perdere tempo in arrampicate logiche per spiegare piani o soluzioni escheriane, il film rimane ben focalizzato sulla coppia protagonista si innamora perdutamente (e fa bene) del volto di Margot Robbie e se fa un piccolo lavoro intellettuale, in questo trionfo di disimpegno di lusso, è la folle ricerca del vero nel falso.
I due amanti si mentono e si raggirano come la consuetudine vuole ma Requa e Ficarra sembrano lasciare piccoli indizi di vero sentimentalismo nelle loro bugie, nelle pose e negli atteggiamenti. Il classico espediente del gioco della truffa applicato al corteggiamento appare falsato, come se stessero barando e tradissero emozioni vere.
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