E' raro vedere commedie di Ingmar Bergman e ancor più raro è vederne di ben riuscite (l'altra, più nota, A Proposito Di Tutte Queste... Signore vale molto meno), certo non che si rida a crepapelle (quello sarebbe decisamente troppo per l'austero Bergman) ma in L'Occhio Del Diavolo c'è un piacevole incontro tra stile bregmaniano e leggerezza.
La storia di Don Giovanni rimandato sulla terra dal principe delle tenebre per concupire la giovane figlia di un pastore che vuole arrivare illibata al matrimonio offre parecchi spunti a Bergman che non manca di sottolineare i temi a lui cari anche in quest'opera, più leggera solo in superficie. La solitudine, l'impossibilità di agire per il bene e l'ambiguità del reale permeano tutto il film che verso tre quarti ha un'impennata di serietà nel rapporto tra l'aiutante di Don Giovanni e la moglie del pastore.
La storia della disperata riconciliazione di Pablo con la vita prima di essere condannato nuovamente al castigo eterno riporta prepotentemente in primo piano l'austerità bergmaniana.
Nonostante la bontà del film in sè a me infastidisce comunque troppo l'atteggiamento (che Bergman ha assunto in maniera crescente al progredire della sua carriera) teatralizzante del maestro svedese. Benchè il film sia ampiamente cinematografico si sente nella struttura di trama e dialoghi una fortissima influenza teatrale che trovi cozzi ampiamente con molte velleità bergmaniane di cinema puro.
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