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22.9.06

Buffalo '66 (id.,1998)
di Vincent Gallo

C'è tutta una corrente particolare del cinema indipendente americano che fa sì che questo si somigli tutto eccessivamente. Il ritratto di un'America di provincia, stanca, arrabbiata, sola e disillusa, l'America dei perdenti e degli sconfitti, di quelli che non riescono a fare nulla della propria vita. Una precisa tipologia filmica (idntificabile anche nella forma) che ha voluto l'ultimo esempio in Bubble di Soderbergh.
Buffalo '66 rientra assolutamente a pieno in questa categoria (con una palese ispirazione a John Cassavetes) ma ne è senz'altro uno degli esempi migliori. Benchè Vincent Gallo non sia un regista abile è innegabile che abbia una visione precisa di cinema e di mondo, il film è pieno di decisioni prese con coerenza e coscienza di sè e di quello che si sta facendo, e non è frequente.
In più Buffalo '66 ha il pregio di essere scritto molto bene e con molta sincerità di essere in bilico tra il disperatamente tragico e il terribilmente grottesco, un dramma autentico con autentiche venature comiche.
Dagli attori, alla scenografia, ai temi è tutto molto azzeccato: il ritratto delle due solitudini che si incontrano (un tema abbastanza tipico) e che vengono pedinate per una giornata nella disperazione del loro tentare di sperare in una vita migliore. Le sequenze in casa dei genitori sono meravigliosamente sincere e autentiche.
Non c'è autocompiacimento nè freddo calcolo in nessun momento, gli eventi scorrono come nella realtà grotteschi, ridicoli e per questo terribilmente tragici.
Ciò che infastidisce un po' è la costante ricerca di Vincent Gallo di un'originalità nella messa in scena a tutti i costi. Montaggio sconnesso, obiettivi particolari, sovraesposizione, angolature di ripresa inusuali... Una ricerca condotta senza molto criterio e senza controllo, così se alcune scelte sono senza dubbio vincenti (il dialogo con i genitori a tavola) altre sono ridicole (la sequenza dell'omicidio).

2 commenti:

Gokachu ha detto...

Un film imperfetto, impudico, smisuratamente ambizioso e coraggioso. Vincent Gallo rappresenta molto bene ciò che amo nel cinema indipendente americano e (mi voglio lanciare) nell'America in generale: l'arroganza di pensare di aver qualcosa di originale da dire e da fare, il mettersi in gioco tutti interi, il candore ingenuo di uno sguardo triste.


gparker ha detto...

Una volta tanto sono assolutamente daccordo.
Si percepisce l'arroganza delle idee (e del personaggio) e la pretese di mostrare qualcosa di interessante, eppure lo è e non solo, riesce anche a toccare.


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