Subito dopo aver girato il film della sua definitiva svolta come autore e regista, cioè Io e Annie, Woody Allen decide di girare per la prima volta un film drammatico e nel quale lui non reciterà.
A simboleggiare la svolta è Gordon Willis, il direttore della fotografia che farà quasi da mentore ad Allen nel momento più importante e ovviamente lo segue anche in Interiors e in parecchia della produzione successiva fino all'arrivo di Carlo DiPalma.
Lo stesso Allen ricorda come Interiors sia in gran parte merito di Willis, le inquadrature degli ambienti vuoti all'inizio e molte idee di come far rispecchiare l'animo dei protagonisti nelle scene tutte di interni. All'inizio la corrispondenza doveva essere ben più netta tanto che il film doveva intitolarsi Windows.
Interiors è bellissimo e questo è presto detto, anche al di là delle possibili previsioni. E non è tanto per le bellissime trovate del duo Allen/Willis quanto per la trasparente volontà del regista di mettere in piedi qualcosa che sentiva l'esigenza di comunicare. I dialoghi che in precedenza erano stati l'arma comica migliore di Allen diventano qui specchio delle intenzioni e dei caratteri delle persone coinvolte.
Allen affronta il drammatico guardando a Bergman ma con una personalità e un'originalità assolutamente pari a quelle con le quali affrontava le commedie. Il mondo di riferimento è il medesimo cambia solo la lente con la quale lo si guarda.
Come negli exploit thriller più recenti rimane una componente alleniana fortissima nel modo di riprendere e nelle soluzioni di regia (che spesso prevedono l'uso di agenti atmosferici in maniera panica).
Difficilmente è possibile trovare un'unione tanto efficace di semplicità, immediatezza e complessità interiore. Non ci sono complesse strutture e stratificazioni che rendono difficile la comprensione, tutto è comunicato in maniera molto diretta eppure non si tratta mai di messaggi semplici. Anche la divisione delle tre sorelle in quella riflessiva e insoddisfatta, quella più giovane e superficiale e quella che si accontenta e non affronta i problemi non è poi lo specchio di situazioni trite, ma solo un punto di partenza semplice per trattare cose complesse.
Soprattutto raramente ad una complessità tale di contenuti corrisponde anche la ferma volontà di utilizzare una forma ugualmente complessa. Una ricercatezza su entrambi i piani che appartiene solo ai più grandi e che è semplicemente sensazionale.
A simboleggiare la svolta è Gordon Willis, il direttore della fotografia che farà quasi da mentore ad Allen nel momento più importante e ovviamente lo segue anche in Interiors e in parecchia della produzione successiva fino all'arrivo di Carlo DiPalma.
Lo stesso Allen ricorda come Interiors sia in gran parte merito di Willis, le inquadrature degli ambienti vuoti all'inizio e molte idee di come far rispecchiare l'animo dei protagonisti nelle scene tutte di interni. All'inizio la corrispondenza doveva essere ben più netta tanto che il film doveva intitolarsi Windows.
Interiors è bellissimo e questo è presto detto, anche al di là delle possibili previsioni. E non è tanto per le bellissime trovate del duo Allen/Willis quanto per la trasparente volontà del regista di mettere in piedi qualcosa che sentiva l'esigenza di comunicare. I dialoghi che in precedenza erano stati l'arma comica migliore di Allen diventano qui specchio delle intenzioni e dei caratteri delle persone coinvolte.
Allen affronta il drammatico guardando a Bergman ma con una personalità e un'originalità assolutamente pari a quelle con le quali affrontava le commedie. Il mondo di riferimento è il medesimo cambia solo la lente con la quale lo si guarda.
Come negli exploit thriller più recenti rimane una componente alleniana fortissima nel modo di riprendere e nelle soluzioni di regia (che spesso prevedono l'uso di agenti atmosferici in maniera panica).
Difficilmente è possibile trovare un'unione tanto efficace di semplicità, immediatezza e complessità interiore. Non ci sono complesse strutture e stratificazioni che rendono difficile la comprensione, tutto è comunicato in maniera molto diretta eppure non si tratta mai di messaggi semplici. Anche la divisione delle tre sorelle in quella riflessiva e insoddisfatta, quella più giovane e superficiale e quella che si accontenta e non affronta i problemi non è poi lo specchio di situazioni trite, ma solo un punto di partenza semplice per trattare cose complesse.
Soprattutto raramente ad una complessità tale di contenuti corrisponde anche la ferma volontà di utilizzare una forma ugualmente complessa. Una ricercatezza su entrambi i piani che appartiene solo ai più grandi e che è semplicemente sensazionale.
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