Questa della fine dei film ad alto budget è una voce e una teoria che gira da un po' di tempo, recentemente riportata in scena da un articolo di Cory Doctorow, giornalista di Wired e detentore del blog privato più visitato del pianeta, nel quale si sostiene che in un mondo dove il diritto d'autore ha sempre meno valore il blockbuster non può più essere economicamente sostenibile.
Una tesi che almeno un anno fa aveva sostenuto George Lucas, tra i padri del blockbuster, il quale dichiarava di non volerne più nemmeno sentir parlare di quella forma di cinema, giudicandola obsoleta per i tempi moderni.
C'è da dire inoltre che notoriamente la voce più grossa voce nell'elenco spese di un blockbuster sono i cachè degli attori, la cui presenza dà al film per l'appunto lo status in questione. Cosa che se artisticamente non ha ragione d'essere (la differenza economica tra attori noti e non noti non è mai adeguata alla differenza di prestazione che possono dare) ora potrebbe cominciare a non avere nemmeno più una ragione di marketing (se appunto tramonta la redditività del blockbuster).
Nell'articolo di Doctorow e nell'intervisa a Lucas si parla poi del nuovo ipotetico scenario senza blockbuster, fatto di molti piccoli film a basso budget che non puntano a fare grandi incassi ma ad intercettare nicchie.
Uno scenario che, per quanto sia in linea con quanto succeda ora in rete e quindi con le dinamiche di un mercato globalizzato, io non penso possibile. Poichè il concetto di mainstream non mi sembra destinato a morire, anzi, specialmente nei settori della vecchia guardia mi sembra sempre più vivo. Certo le nuove regole e nuovi sistemi di applicazione del copyright necessitano di un nuovo tipo di modello di business, ma nessuno (specialmente in America) credo rinuncerà mai a fare i film ad alto budget/alto richiamo/alta pubblicità e per fare questo servono soldi, magari non 300 milioni di dollari, ma comunque di più di un film indipendente. E anche i cachè degli attori potranno ridursi ma mai diventare adeguati all'apporto artistico in un film, poichè ad alti livelli un attore è una faccia, è un brand, una garanzia di spettatori e non più solo un performer.
Una tesi che almeno un anno fa aveva sostenuto George Lucas, tra i padri del blockbuster, il quale dichiarava di non volerne più nemmeno sentir parlare di quella forma di cinema, giudicandola obsoleta per i tempi moderni.
C'è da dire inoltre che notoriamente la voce più grossa voce nell'elenco spese di un blockbuster sono i cachè degli attori, la cui presenza dà al film per l'appunto lo status in questione. Cosa che se artisticamente non ha ragione d'essere (la differenza economica tra attori noti e non noti non è mai adeguata alla differenza di prestazione che possono dare) ora potrebbe cominciare a non avere nemmeno più una ragione di marketing (se appunto tramonta la redditività del blockbuster).
Nell'articolo di Doctorow e nell'intervisa a Lucas si parla poi del nuovo ipotetico scenario senza blockbuster, fatto di molti piccoli film a basso budget che non puntano a fare grandi incassi ma ad intercettare nicchie.
Uno scenario che, per quanto sia in linea con quanto succeda ora in rete e quindi con le dinamiche di un mercato globalizzato, io non penso possibile. Poichè il concetto di mainstream non mi sembra destinato a morire, anzi, specialmente nei settori della vecchia guardia mi sembra sempre più vivo. Certo le nuove regole e nuovi sistemi di applicazione del copyright necessitano di un nuovo tipo di modello di business, ma nessuno (specialmente in America) credo rinuncerà mai a fare i film ad alto budget/alto richiamo/alta pubblicità e per fare questo servono soldi, magari non 300 milioni di dollari, ma comunque di più di un film indipendente. E anche i cachè degli attori potranno ridursi ma mai diventare adeguati all'apporto artistico in un film, poichè ad alti livelli un attore è una faccia, è un brand, una garanzia di spettatori e non più solo un performer.
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