Il cinema di Sergio Rubini per quanto mai veramente interessante ha però l'indubbio pregio di raccontare storie, cosa che sembra scontata ma non lo è.
A fronte di un cinema medio italiano che ormai racconta solo personaggi con delle trame pretestuose a fare da sfondo, Rubini invece ha il merito di riportare l'intreccio al centro della scena sapendo ogni tanto anche ritagliare dei personaggi interessanti.
Purtroppo non è il caso di A Colpo D'Occhio che sulla base di un triangolo amoroso dipana un intreccio non male, dove le situazioni sono volutamente prevedibili ma portate continuamente all'estremo, ma che poi non riesce a centrare i personaggi.
Se si esclude il ruolo che Rubini riserva a se stesso, ciò che viene affidato a Scamarcio e a Vittoria Puccini è materiale evanescente, personaggi molto poco incisivi che gli attori contribuiscono a non far decollare. Infatti, strano a dirsi per un film diretto da un attore, è la recitazione la cosa più fastidiosa del film, approssimata e mal diretta.
A salvare il salvabile come anticipato è proprio Rubini l'unico veramente credibile e anche l'unico dotato di un personaggio degno di questo nome (un bel cattivo come si conviene!) con il quale inquadra ottimamente il suo stesso cinema, incastrato tra racconti avvincenti e personaggi continuamente sul crinale del grottesco.
Ad essere colti con efficacia sono sempre i piccoli fastidi, le piccole medietà, le stupidità e le false consuetudini dei rapporti formali. L'ambientazione del mondo della speculazione artistica moderna di certo aiuta ma lo sguardo del regista è abilmente severo, senza mai calcare la mano ma facendo solo intuire il proprio punto di vista.
Peccato che alla fine questi siano dettagli e che le cose più evidenti, come gli espedienti melodrammatici (la collana), le metafore e le simbologie siano tutte abbastanza da quattro soldi riprese con un'insistenza fastidiosa.
E anche nel finale quando lo sciogliersi dell'intreccio e la parte dell'agnizione melodrammatica dovrebbe fare il proprio lavoro e forse potrebbe regalarci un momento minimo di emozione tutto è rovinato da recitazione sopra le righe, urla da sceneggiata e sottolineature forzatissime.
A fronte di un cinema medio italiano che ormai racconta solo personaggi con delle trame pretestuose a fare da sfondo, Rubini invece ha il merito di riportare l'intreccio al centro della scena sapendo ogni tanto anche ritagliare dei personaggi interessanti.
Purtroppo non è il caso di A Colpo D'Occhio che sulla base di un triangolo amoroso dipana un intreccio non male, dove le situazioni sono volutamente prevedibili ma portate continuamente all'estremo, ma che poi non riesce a centrare i personaggi.
Se si esclude il ruolo che Rubini riserva a se stesso, ciò che viene affidato a Scamarcio e a Vittoria Puccini è materiale evanescente, personaggi molto poco incisivi che gli attori contribuiscono a non far decollare. Infatti, strano a dirsi per un film diretto da un attore, è la recitazione la cosa più fastidiosa del film, approssimata e mal diretta.
A salvare il salvabile come anticipato è proprio Rubini l'unico veramente credibile e anche l'unico dotato di un personaggio degno di questo nome (un bel cattivo come si conviene!) con il quale inquadra ottimamente il suo stesso cinema, incastrato tra racconti avvincenti e personaggi continuamente sul crinale del grottesco.
Ad essere colti con efficacia sono sempre i piccoli fastidi, le piccole medietà, le stupidità e le false consuetudini dei rapporti formali. L'ambientazione del mondo della speculazione artistica moderna di certo aiuta ma lo sguardo del regista è abilmente severo, senza mai calcare la mano ma facendo solo intuire il proprio punto di vista.
Peccato che alla fine questi siano dettagli e che le cose più evidenti, come gli espedienti melodrammatici (la collana), le metafore e le simbologie siano tutte abbastanza da quattro soldi riprese con un'insistenza fastidiosa.
E anche nel finale quando lo sciogliersi dell'intreccio e la parte dell'agnizione melodrammatica dovrebbe fare il proprio lavoro e forse potrebbe regalarci un momento minimo di emozione tutto è rovinato da recitazione sopra le righe, urla da sceneggiata e sottolineature forzatissime.
11 commenti:
Azz peccato!! Eppure dal trailer sembrava niente male...
Ale55andra
mi traduci il termine " agnizione melodrammatica"
L'agnizione è lo svelamento di un personaggio attraverso un particolare o una dichiarazione dello stesso.
L'agnizione per definizione è "Io sono Edmond Dantes" del conte di Montecristo, che spiega bene come non deve essere necessariamente una sorpresa per il lettore/spettatore ma un elemento di svolta melodrammatica.
Nel caso particolare si svelano le vere intenzioni del protagonista attraverso un oggetto.
"strano a dirsi per un film diretto da un regista"
-attore-
grazie
si vede che toni ormai s'è completamente emancipato.
queste cose un tempo le delegava alla sua segretaria...
bene grazie
Un'altra cosa da saltare, insomma, che sono sicuro un giorno vedrò giusto per lamentarmene--
Ma guarda neanche troppo... Un po' meglio di quello che ti aspetti.
Con tutti i difetti, è comunque da vedere. Rubini è uno dei pochissimi che almeno ci prova a pensare in grande anche se poi la cosa tende a sfuggirgli di mano.
questo è innegabile
Posta un commento