Il primo lungometraggio non animato di Borowczyk è un film surrealista-indipendente del 1968, il che da solo dovrebbe dirla lunga.
Molto incentrato su una ricerca formale in aperto contrasto con ciò che il cinema faceva in quel momento (ma paradossalmente molto vicina al cinema delle origini) e sul racconto di una realtà squallida fuori e dentro dove l'unica possibile umanità sembra quella dell'amore clandestino, Goto punta ad essere molte cose applicando uno stile straniante che oggi non sembra colpire più.
A colpire ancora invece sono le scelte fuori dal comune di Borowczyk, il continuo inquadrare oggetti, cose, persone e situazioni quasi solo di profilo, il concepire le inquadrature apertamente come quadri, il voler riprendere una natura brulla, ostile e nemica in ogni senso e l'uso di un bianco e nero con moltissimo contrasto ad evidenziare ogni sporcizia, ogni imperfezione ogni squallore (morale ed estetico).
Goto non è eccezionale, prefigura un po' del cinema di Jodorowsky (che non amo molto) e sempre indeciso sulla direzione di prendere (a livello di trama), trova senso in alcune singole sequenze molto belle (come l'esecuzione capitale) che difficilmente si dimenticano.
Menzione totalmente a parte per il fenomenale finale, talmente bello, intenso, profondo e colmo di significato da sembrare parte di un altro film. Una fuga d'amore e una rinascita dalla morte che valgono più di tutto il film.
Molto incentrato su una ricerca formale in aperto contrasto con ciò che il cinema faceva in quel momento (ma paradossalmente molto vicina al cinema delle origini) e sul racconto di una realtà squallida fuori e dentro dove l'unica possibile umanità sembra quella dell'amore clandestino, Goto punta ad essere molte cose applicando uno stile straniante che oggi non sembra colpire più.
A colpire ancora invece sono le scelte fuori dal comune di Borowczyk, il continuo inquadrare oggetti, cose, persone e situazioni quasi solo di profilo, il concepire le inquadrature apertamente come quadri, il voler riprendere una natura brulla, ostile e nemica in ogni senso e l'uso di un bianco e nero con moltissimo contrasto ad evidenziare ogni sporcizia, ogni imperfezione ogni squallore (morale ed estetico).
Goto non è eccezionale, prefigura un po' del cinema di Jodorowsky (che non amo molto) e sempre indeciso sulla direzione di prendere (a livello di trama), trova senso in alcune singole sequenze molto belle (come l'esecuzione capitale) che difficilmente si dimenticano.
Menzione totalmente a parte per il fenomenale finale, talmente bello, intenso, profondo e colmo di significato da sembrare parte di un altro film. Una fuga d'amore e una rinascita dalla morte che valgono più di tutto il film.
5 commenti:
Stanotte sono di umore perplesso. Come può questo film (che non ho visto) del 1968 essere contaminato dal cinema di Jodorowski se El Topo è del 70? Forse che Borowczyk è uno dei pochi fortunati al mondo ad aver visto i venti minuti de La cravate? E l'unico al mondo ad esserne stato influenzato? ^^
hai ragione.
Leggerezza mia, non ho controllato le date tanto mi sembrava evidente la similitudine, deve evidentemente essere il contrario...
Errore provvido comunque fu, visto che andando a vedere la filmografia di J. mi sono imbatutto nell'esistenza di Fando y Lis da me del tutto ignorata.
mi ero accorto della svista...io amo il cinema simbolista e per me sono due maestri...Buñuel è alla radice di questo tipo di cinema...vi consiglio una visione de "La Bestia" del maestro Borowczyk...
io invece non amo molto questo tipo di cinema, infatti nemmeno jodorowski mi fa impazzire...
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