Comincia subito spingendo il pedale sul grottesco il film di Ursula Meier, una famiglia che per una serie di ragioni che non vengono spiegate (e che non saranno spiegate nemmeno più avanti) abita ormai da 10 anni una casa che sorge adiacente ad un’autostrada mai finita. Ci vengono mostrati allegri, affettuosi e spensierati, in pieno equilibrio, almeno fino a che lo stato di punto in bianco decide di completare i lavori e far diventare quel tratto una parte funzionante della rete autostradale nazionale.
Un elemento muta e cambia lo scenario della vita di una famiglia apparentemente tranquilla, ma non ne rivela i contrasti interni sopiti e inespressi bensì li conduce molto gradualmente alla pazzia ognuno per conto proprio.
Non c’è molto altro in Home se non questo lento incedere verso una totale deriva mentale data dal vivere in prossimità di un’autostrada con tutti i pericoli, i fastidi e l’inquinamento acustico e ambientale che comporta.
La pazzia del lento chiudersi in se stessi, dell’isolarsi dal mondo che diventa insostenibile non è poi funzionale ad altro. I personaggi impazziscono e poi? E poi niente. Impazziscono. Un po’ poco.
Al di fuori di alcune idee e alcuni momenti autenticamente claustrofobici Home annoia anche un po’ incapace di elevare i propri personaggi a figure interessanti.
La figlia ribelle che scappa, quella più introversa e cervellotica che si rifugia nei numeri, il più piccolo che non sa come reagire e la madre che è la prima a dare di matto. Non c’è sintesi.
Alla fine è un grido di ribellione contro l’inquinamento? Contro il vivere moderno? Contro la massa che uccide chi si differenzia? Contro lo stato assente che poi si palesa senza curarsi degli effetti?
In ogni caso arriva molto poco.
Una volta sarei impazzito all'idea di Olivier Gourmet e Isabelle Huppert nel medesimo film. Come cambiano i tempi...
Un elemento muta e cambia lo scenario della vita di una famiglia apparentemente tranquilla, ma non ne rivela i contrasti interni sopiti e inespressi bensì li conduce molto gradualmente alla pazzia ognuno per conto proprio.
Non c’è molto altro in Home se non questo lento incedere verso una totale deriva mentale data dal vivere in prossimità di un’autostrada con tutti i pericoli, i fastidi e l’inquinamento acustico e ambientale che comporta.
La pazzia del lento chiudersi in se stessi, dell’isolarsi dal mondo che diventa insostenibile non è poi funzionale ad altro. I personaggi impazziscono e poi? E poi niente. Impazziscono. Un po’ poco.
Al di fuori di alcune idee e alcuni momenti autenticamente claustrofobici Home annoia anche un po’ incapace di elevare i propri personaggi a figure interessanti.
La figlia ribelle che scappa, quella più introversa e cervellotica che si rifugia nei numeri, il più piccolo che non sa come reagire e la madre che è la prima a dare di matto. Non c’è sintesi.
Alla fine è un grido di ribellione contro l’inquinamento? Contro il vivere moderno? Contro la massa che uccide chi si differenzia? Contro lo stato assente che poi si palesa senza curarsi degli effetti?
In ogni caso arriva molto poco.
Una volta sarei impazzito all'idea di Olivier Gourmet e Isabelle Huppert nel medesimo film. Come cambiano i tempi...
2 commenti:
E anche questo l'abbiamo stroncato.
Continuiamo così..
avanti un altro
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