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27.3.09

La Vita Segreta Delle Api (The Secret Life Of Bees, 2008)
di Gina Prince-Bythewood

Il cinema essendo parte del sistema mitopoietico della società contemporanea (e una parte fondamentale!) tra le altre cose rilegge la storia dei popoli che lo fanno. Ogni popolo a sua volta ha il proprio modo di tramandare e raccontarsi il proprio vissuto nazionale. Noi solitamente preferiamo metterlo in discussione, analizzarlo, sviscerarlo e metterne in scena i retroscena puntando anche sulla perizia della ricostruzione, gli americani invece in linea di massima operano un racconto della storia emotiva.

La vita segreta delle api in questo senso è un perfetto esempio di racconto della storia sentimentale del popolo afroamericano (il film è prodotto da Will Smith e Jada Pinkett Smith, è diretto da una donna di colore e mette in scena alcune delle più grandi star cantanti afroamericane).
Tutto è ambientato nell'anno della firma della dichiarazione dei diritti civili del popolo nero per parlare proprio di quella situazione e di quelle conquiste, ma non viene mai mostrato il processo che ha portato alla firma, cosa implicasse, chi furono gli artefici ecc. ecc. non ci sono mai "fatti" ma solo "emozioni". Al massimo c'è qualche riferimento pop che inquadri la questione (Jack Palance andrà in un cinema con una donna nera!!!).

La cosa in sè non è necessariamente un male. Il male è affidare tutte le soluzioni del film agli attori, incantarsi sui loro volti e sperare che risolvano ogni cosa, comunichino ogni significato e trasmettano ogni sentimento. Il male è mettere loro in bocca in continuazione pillole di saggezza poetica che insegnino. Il male è rassicurare con ogni svolta di trama, acquietare tutto il più possibile anche i momenti più drammatici (che vengono talmente annunciati per tempo da risultare innocui per chiunque). Il male è fare un film nel quale tutto mira a confermare ciò che già pensi e tutti gli stereotipi che hai in mente (poco importa che non siano più stereotipi razzisti).

Poi certo, cercando sempre la soluzione più facile e diretta per ottenere il risultato (una lacrima per ogni sorriso) alla fine lo si raggiunge, anche perchè c'è Dakota Fanning che non si sa come sia possibile ma a 14 anni è uno dei volti drammatici più espressivi che ci siano, capace di raccontare con uno sguardo emozioni che non può aver provato!

La truffa finale è che la prima scena del film è identica (ma dico "identica") per idea e svolgimento a quella di Mean Streets, uno dei film più disturbanti e meno acquietanti che si siano mai fatti. Sul serio mi vuoi far credere che il film sarà così??

4 commenti:

Anonimo ha detto...

beh no complimenti per l'introduzione di questa recensione.

sembra dire "oh tu che vai al cinema che ti vuoi anche intrattenere, muori soffrendo!."


gparker ha detto...

non è vero! Ho anche scritto che "la cosa in sè non è un male"


Mariolone ha detto...

ti sta venendo l'atteggiamento da critico...hai perso lo spirito primigenio


gparker ha detto...

no aspettate fermi.
Queste sono affermazioni grosse che esigono prove e/o dimostrazioni.


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