Non so da quanto abbia aperto ma comunque io ho scoperto da poco il blog di Paolo D'Agostini, critico cinematografico di Repubblica, e nonostante post di una lunghezza spesso estenuante e un taglio ancora troppo giornalistico (tutte cose molto frequenti e comprensibili nei casi di giornalisti che sperimentano le libertà della rete) lo stesso mi piace abbastanza (e poi ha un titolo solo apparentemente passatista ma in realtà molto eversivo).
Oggi c'è un bel post che a partire dal paragone di quanto fatto da Repubblica.it e i suoi blog in occasione del festival di Sanremo discute sui festival di cinema, sulla loro utilità oggi e su come potrebbero (forse) davvero arrivare a tutti.
Qualcosa che mi suscita interrogativi ogni qualvolta mi trovo a frequentarne o a parlarne con non addetti ai lavori che ne hanno una percezione falsatissima come di luoghi simili a cineclub esclusivamente riservati a giornalisti o addetti ai lavori, quando dovrebbe essere l'opposto ma nessuno lo dice nè lo fa capire, continuando a promuovere un'immagine settaria che oggi non ha senso (oggi che il cinema non è così fortemente diviso in popolare ed elitario).
Si tratta di un frammento di una discussione più grande e in voga da molto tempo, lo stesso però le idee di D'Agostini non mi dispiacciono (chi l'avrebbe mai detto....).
Oggi c'è un bel post che a partire dal paragone di quanto fatto da Repubblica.it e i suoi blog in occasione del festival di Sanremo discute sui festival di cinema, sulla loro utilità oggi e su come potrebbero (forse) davvero arrivare a tutti.
Qualcosa che mi suscita interrogativi ogni qualvolta mi trovo a frequentarne o a parlarne con non addetti ai lavori che ne hanno una percezione falsatissima come di luoghi simili a cineclub esclusivamente riservati a giornalisti o addetti ai lavori, quando dovrebbe essere l'opposto ma nessuno lo dice nè lo fa capire, continuando a promuovere un'immagine settaria che oggi non ha senso (oggi che il cinema non è così fortemente diviso in popolare ed elitario).
Si tratta di un frammento di una discussione più grande e in voga da molto tempo, lo stesso però le idee di D'Agostini non mi dispiacciono (chi l'avrebbe mai detto....).
La proposta è provocatoria, lo so. Perché non amplificare, estendere, diffondere ciò che accade in un festival? Davvero però, non il gossip di volta in volta gonfiato, ridicolo, inventato. Le opere. Consentire di seguire un programma anche a distanza. Le risorse, le opportunità e gli strumenti, le variazioni possibili sono infinite. Il web, le televisioni satellitari e tematiche, perfino i telefonini. Un danno al futuro sfruttamento commerciale? Non credo proprio. Trasmettere in contemporanea un film cileno o coreano, iraniano o islandese in lingua originale che cosa, quali prospettive vuoi che comprometta? Casomai può fare da volano.Io da par mio per i rapporti lavorativi che ho con i Festival Del Film di Roma avevo proposto qualcosa di simile ma con i contenuti di cui mi occupo solitamente cioè le serie e i video della rete. Costo zero, ritorno di immagine mille. Ma non credo si farà...
3 commenti:
ps: niente in programma quest'anno per il festival di Roma?
qualcosa
qualcosa che verrà cassato (ma che era bellissimissimo), qualcosa che se Dio vuole potrò fare (ma sarà lavoro invisibile al pubblico) e qualcosa che mi hanno promesso per il resto dell'anno ma che non manterranno nella miglior tradizione delle promesse lavorative.
uhm...
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