CONCORSO
FESTIVAL DI VENEZIA 2009
FESTIVAL DI VENEZIA 2009
Un film in un carroarmato, un film di guerra israeliano che per stile e scelte visive ricorda quelli americani ambientati nei sottomarini ma che è dotato di una sensibilità e di una violenza espressiva a cui agli americani non è consentito avvicinarsi. Lebanon potrebbe vincere il Leone d'oro e sicuramente qualcosa rimedierà (forse quello d'argento). I motivi sono molti.
C'è che il film è tratto dalla vita del regista che davvero andò in guerra 25 anni fa, davvero fu un ragazzo impreparato ad affrontare un combattimento, davvero stette in un carroarmato e davvero uccise. Quegli omicidi lo hanno tormentato per decenni fino a che non ha deciso che era ora di raccontarli per far capire a tutti com'è stare lì e perchè si prendono certe decisioni.
C'è che Lebanon è un saggio di regia, tutto ambientato in un luogo angusto ma colmo di invenzioni visive. Maoz con la macchina da presa forza i confini dell'interno di un carroarmato e trova continuamente il modo migliore di riprendere i suoi 5 protagonisti non ripetendo mai due volte la stessa inquadratura grazie a grandangoli, lenti deformanti, primissimi piani e composizioni particolari utili a traovare la maniera più efficace di mostrare le relazioni tra gli uomini.
C'è che l'unico modo di vedere ciò che è fuori dal carroarmato è attraverso una soggettiva del mirino del cannone e dunque la relazione tra "vedere" e "uccidere" è diretta (e qui lascio a voi la filippica sul fatto che riprendere e sparare si dicono con lo stesso verbo in inglese). E attraverso questo espediente Maoz riesce contemporaneamente sia a mostrarci gli avvenimenti che a farci capire i pensieri del protagonista. Quando egli guarda la devastazione che ha portato il suo colpo e poi stringe su animali dilaniati o si sofferma sul dolore di una madre, quella è solo secondariamente una scelta registica ma prima di tutto una scelta psicologica del protagonista.
C'è che il film è stato fatto senza soldi e scorre come razzo grazie alle idee.
C'è che mostrando poco del mondo esterno fa un uso del sonoro straordinario, riuscendo realmente a dipingere nella testa di chi guarda le dimensioni, gli ambienti e gli oggetti che non mostra.
E poi, ma questo è del tutto accessorio, c'è che Maoz è inconsapevole di tutto questo. Non ha visto L'Occhio Che Uccide, non si è mai fatto domande sulla relazione tra guardare e uccidere, non ha cercato di riprendere moralmente ma di esorcizzare il suo male.
In sostanza Maoz ha fatto un film totalmente di pancia concentrandosi unicamente sul raggiungere il senso claustrofobico di tensione emotiva di chi deve prendere una decisione in un batter di ciglia e poi ci convivrà tutta la vita. E raggiungendo quest'obiettivo, come capita nei casi migliori, arriva a trovare anche molti altri traguardi.
6 commenti:
Sembra veramente spettacolare. Anche per Mereghetti e da Leone D'oro.
Per me è IL Leone d'oro veneziano 2009. Immagine e suono poche altre volte hanno rappresentato un significante così universale.
io però non ho visto lourdes, women without men e soprattutto manca fatih akin che qui gode di grandi favori!
Mancano anche a me!
Per Akin e life during wartime mi sto ancora mangiando le mani
Non sò se vincerà ma un premio lo deve vincere, sarebbe veramente un'ingiustizia!
la regia gliela danno...
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