Che Gus Van Sant abbia un lato oscuro, fatto di film in cui si lascia prendere la mano da un sentimentalismo smodato e incontrollato non è una novità, e la cosa è evidente anche in alcuni dei suoi film più equilibrati come Will Hunting o Scoprendo Forrester, nei quali in più di un momento si intuisce una deriva melodrammatica e semplicistica che se viene sventata è solo per un pelo.
L'amore che resta (e l'orrendo titolo italiano suona più azzeccato al tono della pellicola dell'originale) non riesce a sventare la catastrofe e da subito si presenta come un film fastidioso e supponente.
La storia di due ragazzi outsider, di cui una malata di cancro e quindi destinata a morire, pretende di incollare a furia di melassa mitologie differenti ma ugualmente smielate senza una chiave realmente coinvolgente. I due amanti giovani, furiosi e idealisti, le due solitudini che si completano, l'adolescenza rovinata da un trauma, la malattia, la morte come recisione immediata di un amore giovane al suo picco e infine la profondità sentimentale e culturale come elemento separatore dal resto della società.
Insistendo senza ritegno con stereotipi e stilemi della sottocultura hipster contemporanea (vestiti, tagli di capelli, musica, atteggiamento) Gus Van Sant gira un melodramma classico (lui e lei si incontrano, si riconoscono come parte di una categoria a parte, si amano ma lei è malata) volendone aggiornare le dinamiche eterne. Il fallimento è tanto più fragoroso quanto L'amore che resta si dimostra incapace di inserirsi in quella modernità che sbandiera con le sue continue affermazioni hipster.
Non c'è rabbia giovane in quelle urla, non c'è alterità in quei tagli di capelli e quei costumi ricercati e infine non c'è vero sentimento nelle inquadrature a filo di piombo che ritraggono i protagonisti stesi per strada a colmare le proprie sagome di gesso.
3 commenti:
ciao, bel blog!
ti ho aggiunto al mio blogroll (ma il pulsantino per diventare lettore non l'ho trovato...)
da buon hipster questo nuovo di van sant mi incurioscisce :)
la "sottocultura hipster"? van sant ha preso sul serio questa roba al punto da farci un film?
bon. ora mi aspetto un film di wenders incentrato sugli emo e uno di cronenberg dalla parte dei bimbiminkia.
Non è tanto fare un film su quella subcultura (che pure ci può stare) è farlo PER loro in maniera così sfacciata e arrogante.
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