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16.9.15

We are your friends (id., 2015)
di Max Joseph

È un film di quasi esordienti We Are Your Friends, è esordiente alla sceneggiatura Meaghan Oppenheimer, è esordiente alla regia di un lungometraggio Max Joseph e anche Richard Silver (da cui viene la storia) non ha niente sulle sue spalle cinematografiche. We are you friends fa esordire questo strano gruppo con la giusta mescolanza di sincerità e banalità. Talmente è onesto e vicino al mondo che racconta We are your friends che si permette anche di fare affermazioni assurde e ribaltare totalmente la realtà dei fatti, in una visione parziale e sentimentale della propria materia, ovvero l'arte di fare il DJ. 

Il film celebra Zac Efron, DJ bravo ma alle prime armi, che ha il talento di far ballare la gente ma ancora deve trovare la sua strada e la sua personalità per essere "grande". Con lui una serie di amici che sognano un domani migliore ma hanno solo un oggi peggiore per le mani, massima che potrebbe valere anche per il protagonista se non incontrasse il grandissimo James, affermato e noto DJ che vede in lui il talento per sfondare. Il problema però è che James sta con Sophie, ovvero Emily Ratajkowski (inquadrata con dovizia di dettagli per tutto il film in piena sintonia con i desideri del pubblico), ragazza trofeo insoddisfatta e pronta a passare al modello più giovane e rampante. 

È un canovaccio molto semplice e schietto che però Max Joseph tratta con una conoscenza della materia e soprattutto con la necessaria vicinanza agli ambienti reali. Questo film sembra sapere molto bene che non si può raccontare una storia simile senza raccontare il mondo in cui è ambientata. Strade, case abbandonate, piscine sporche, tralicci dell'elettricità, persone sfrattate, feste pazzesche e retrobottega, c'è un campionario di luoghi che di fatto creano l'atmosfera concreta senza la quale We are your friends sarebbe un film come altri, come tutti quelli che hanno la sua medesima trama. Invece non si vergogna di affermare che quello di DJ e feste notturne è il mondo delle persone serie e profonde, umili e lavoratrici mentre gli universitari di Stanford sono i superficiali senza testa che buttano i soldi in formaggi costosi (?!?!), pur di stare dalla parte dei protagonisti.

E non si ferma nemmeno di fronte alla droga (ovviamente qualcuno ci dovrà restare secco ma dalla maniera in cui viene assunta senza problemi è abbastanza chiaro l'atteggiamento del film nei suoi confronti), davanti al maschilismo andando a riprendere i veri festival per come si svolgono, in cerca dei rumori ambientali più concreti, beandosi dei luoghi hipster, dell'umanità tipica della San Fernando Valley, della stupidità adolescenziale e della piccineria di alcuni suoi personaggi. 
Certo l'obiettivo rimane quello di tutti i film sulla sua medesima scia, cioè montare un'epica sentimentale questa volta intorno al mondo della dance e alla professione del DJ (con una stucchevole sequenza didascalica sul parallelo tra il beat e il battito cardiaco), ma lo fa credendoci così tanto e conoscendo così tanto quel mondo da essere inevitabilmente coinvolgente. Non può e non vuol essere Eden di Mia Hansen Love (suo perfetto gemello europeo e autoriale), non ne ha la complessità e la profondità d'intenti, ma lo stesso mantenendosi fedele al proprio genere Max Joseph centra il suo obiettivo e forse anche di più.

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