Con una facilissima contrapposizione visiva Lukas Valenta Rinner passa da un comprensorio di villette chiuso, sorvegliato da polizia privata e delimitato da rete elettrificata, ad un altro comprensorio, anch’esso chiuso ma per volontà altrui, popolato da nudisti che vivono a contatto con la natura. A fare da ponte è la protagonista, a servizio in una villa di abbienti ma affascinata dai nudisti, tanto da scappare lì non appena può per trovare una pace che non sembra esserci nell’ossessionata famiglia alto borghese.
Il contrasto è molto elementare per quanto curato. L’alcova borghese nevrotica, autarchica con il suo market e la sua polizia, xenofobica di qualsiasi cosa venga da fuori il loro recinto; e poi gli inclusivissimi nudisti, estremo contrario di libertà e relax.
L’associazione è volutamente netta per generare l’effetto comico che spesso riesce e che molto gioca su un certo senso del grottesco che ricorda altri austriaci come Ulrich Seidl, unito ad un livore distruttivo non diverso da quello di Il Settimo Continente di Haneke. Los Decentes dagli ottimi titoli di testa in poi è tutto in discesa, una picchiata verso il prevedibile per non dire più semplicemente “povero” con un finale in stile If… che suona davvero fuori luogo e anacronistico.
Anche l’idea buona di giocare molto del film sui differenti paesaggi e differenti colori è messa in pratica con il minimo della cura, lasciando ai borghesi il design, l’ordine compulsivo e l’uso del bianco, mentre ai nudisti i colori naturali della natura e il caos emotivo. Come se davvero queste categorie ancora fossero in grado di dire qualcosa da sole.
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