È sempre difficile descrivere qualcosa che non cambia mai come i film di Boldi. In quale senso Natale al Sud può essere diverso da Matrimonio alle Bahamas o Olè o anche dai film degli anni ‘80? Soprattutto è sempre difficile perché con l’avanzare dell’età e il diminuire dei budget, i film sono sempre leggermente peggiori e gli aggettivi usati l’anno precedente andrebbero rivisti verso un basso ormai diventato irreale, figurativo. Per quanto sembri impossibile a chi non li ha visti tutti, l’intera filmografia di Massimo Boldi è una lenta discesa verso l’analfabetismo cinematografico, la distruzione delle più elementari regole di messa in scena e comprensione del film. E anche Un Natale al Sud è ancora più sciatto, svogliato, e male assemblato del precedente.
La storia è quella di Un Matrimonio al Sud, con Biagio Izzo e Barbara Tabita a costituire una coppia e Massimo Boldi e Debora Villa a formare l’altra. I loro figli partono in vacanza a caccia di ragazze e loro li seguono nello stesso luogo di villeggiatura in cui trovano Paolo Conticini e Anna Tatangelo, star di internet vanitosi e ossessionati dal proprio fisico e dalla bellezza. Seguono incroci ed equivoci che mettono a repentaglio l’incolumità di Boldi, mettono in scena la solita sequenza di corpi impossibili, eccessivamente grassi, eccessivamente sodi, eccessivamente gonfi e mettono a rischio la solidità delle coppie e più in generale l’amore in quanto sentimento. Tutto per colpa di internet, delle YouTube star e della mania dell'apparire declinata con tecnologie impossibili e scenari inesistenti.
Con un’apertura e una chiusa all’insegna del Natale che non hanno niente a che vedere con il film e nemmeno la grazia di cercare un’impossibile armonia (addirittura nel finale Boldi e Izzo si rivolgono al pubblico dall’interno di una sala cinematografica in un momento di metacinema ridicolo). Ma fosse quello il problema! Questo film diretto da Federico Marsicano, è talmente zeppo di scene implausibili che non stanno in piedi da far passare in secondo piano l’umorismo, che è davvero l’ultimo dei problemi. Anche volendone accettare le premesse, i singoli incroci sono pieni di raccordi che non funzionano. Se nei precedenti film Boldi aveva abituato ad errori di montaggio intollerabili anche per un film di liceali, controfigure implausibili o green screen da tv regionale, qui quella sciatteria è allargata a tutti i comparti.
Ma forse l’elemento più incredibile di questo film è l’immobilità di Massimo Boldi e di molti altri personaggi. Con l’esclusione di Enzo Salvi e Biagio Izzo, che godono di mobilità sebbene limitata, gli altri sono totalmente fermi. Immobili come Anna Tatangelo in pose e inquadrature studiate a suo favore e non a favore del film o come Boldi, 71 anni, che è praticamente sempre seduto, e quando non lo è sta innaturalmente immobile in piedi, ogni suo movimento, avviene fuoriscena. Questo, per un comico come lui che fonda tutto sul corpo e non certo sulla parola, è più di una condanna a morte, è proprio una dichiarazione d’impotenza. Fare commediaccia come questa, grossolana e scatologica, senza nemmeno godere dell’esagerata dilatazione dei corpi comici, aggiunge mancanza di senso a mancanza di senso.
Probabilmente è per questo che Boldi si sparpaglia in tutti gli altri personaggi costretti dalle circostanze ad assumere su di sé e sul proprio corpo il campionario circense di peti, botte, scivoloni o ciccione che gli si gettano addosso sfondando il letto. Se Boldi non può essere Boldi allora che tutti siano Boldi!
1 commento:
Ottima analisi. Ho visto che Boldi se l'è presa: ormai sa che separandosi da De Laurentiis ha fallito e ogni critica gli urta i nervi, anche se è perfettamente legittima.
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